Dalla programmazione sanitaria
all'importanza dell'alimentazione, dagli effetti dell'alcol nei
giovani alle terapie in essere. Le malattie epatiche
rappresentano una sfida cruciale per la salute pubblica e
possono essere prevenute attraverso interventi mirati fin dalla
giovane età. Di questo e altro si parlerà durante il corso di
aggiornamento "L'epatologia nel terzo millennio", la cui
dodicesima edizione è in programma all'Archivio di Stato di
Napoli il 29 e 30 novembre.
L'evento è promosso dall'ospedale evangelico Betania,
responsabile scientifico il dottor Ernesto Claar (direttore
dell'unità operativa di Epatologia del nosocomio).
La Campania, da ciò che spiegano i promotori, paga storicamente
un prezzo altissimo alle malattie del fegato: 1.800 decessi
l'anno per cirrosi epatica o tumore al fegato, 1.200 nuovi casi
di tumore al fegato nel solo 2021 e 73 milioni di euro spesi per
l'assistenza ospedaliera sono alcuni dei dati più significativi
che riguardano la regione. "Il focus di quest'anno è ancor più
multidisciplinare - chiarisce Claar - sempre nell'ottica di
divulgare il progresso scientifico e l'avanzamento tecnologico
in epatologia e far comprendere quanto le malattie epatiche
rappresentino una sfida cruciale per la salute pubblica e
possono essere oggetto di prevenzione fin dalla giovane età".
La vera epidemia del terzo millennio è inoltre la malattia da
fegato grasso (steatosi epatica) associata alla sindrome
metabolica (obesità, diabete, alterato assetto lipidico); il 65%
dei diabetici e l'80% degli obesi ha "malattia da fegato grasso"
che, troppe volte, evolve inconsapevolmente in cirrosi epatica
oppure in tumore al fegato. Il soggetto affetto da steatosi
epatica con infiammazione (steatoepatite) ha un rischio
cardiovascolare ed un rischio di sviluppare tumore al fegato
enormemente più alto. La mancata consapevolezza dei danni
procurati dall'alcol rischia di produrre danni irreparabili.
Per l'alcol poi non esiste una quantità minima consentita: per
gli esperti infatti andrebbe semplicemente evitato. Il fegato
riesce a metabolizzare non più di mezzo bicchiere di vino ogni
ora; a maggior ragione il consumo smodato e concentrato in poco
tempo (il cosiddetto binge drinking) è particolarmente dannoso.
L'alcol rompe il normale equilibrio tra morte e rigenerazione
cellulare del fegato, producendo danni a lungo termine, di cui
la prima espressione è la steatosi epatica. Il fegato,
apparentemente resiliente, presenta il conto dopo anni di abusi.
Emanuele Scafato, direttore dell'osservatorio nazionale
alcol-centro Oms per la ricerca sull'alcol spiega che "l'impatto
dell'uso di alcolici in Italia determina costi sociali e
sanitari che sono il frutto della diffusa disinformazione sui
danni che l'uso di vino, birra, superalcolici, amari, qualunque
bevanda alcolica causa in vaste fasce di consumatori,
prevalentemente le più vulnerabili come i minori e gli
adolescenti, i giovani, le donne e gli anziani".
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