(di Antonio Pisani)
Nessuna etichetta, ma un impegno
concreto sui valori e sui diritti, con l'obiettivo alto di
coinvolgere i giovani e quanti si sentono lontani dalle modalità
attuali di fare politica, tutte basate sulla ricerca del
consenso. Si presenta così Ernesto Maria Ruffini che, dopo aver
dato a metà dicembre le dimissioni da direttore dell'Agenzia
delle Entrate "perché il clima è cambiato", inizia dalla Polity
Design di Caserta, la Scuola di classe dirigente cattolica
riconosciuta dalla Cei, il suo percorso volto a dare un
"contributo al dibattito sui valori e sui diritti, come quello
portante di uguaglianza, non ancora pienamente attuato: basti
pensare alle donne, che ancora scontano un gap per esempio sulla
retribuzione".
Ruffini allontana subito da sé ogni etichetta politica,
perché le "etichette creano steccati", dice, rivolgendosi agli
allievi della scuola, "per cui è importante sapere cosa fare e
non come. O meglio, il come viene in un secondo momento",
aggiunge, rispondendo ad uno studente che gli chiede come
possono riorganizzarsi i cattolici in politica, anche in
considerazione dell'evento che il 18 gennaio prossimo si terrà a
Milano, vero e proprio battesimo dell'associazione "Comunità
democratica", con Romano Prodi, Graziano Delrio e l'ex
segretario del Partito Popolare, Pierluigi Castagnetti.
"Un'iniziativa che non ho organizzato io, ma a cui sono stato
invitato", specifica Ruffini, che non vuole sentir parlare della
definizione che qualcuno gli ha affibbiato di "federatore dei
cattolici democratici". Né di rinascita della Democrazia
Cristiana. "In Italia il modo migliore per restare soli è
fondare un partito", avverte. "Ciò che piuttosto vorrei è
parlare di diritti, come quello di uguaglianza sancito dalla
nostra Costituzione e ancora non pienamente attuato. Andare a
Milano vuol dire confrontarsi su idee e valori". Ma se anche
esclude la sua discesa in campo, con riferimento a eventuali
candidature, Ruffini lascia la porta aperta ad un impegno che
nel tempo potrà farsi sempre più concreto. Per il momento,
quella che emerge è la volontà di avviare un dibattito di alto
livello, a partire dalle ragioni della disaffezione alla
politica, "perché in Italia c'è il 50% degli aventi diritto che
non va a votare e chi ottiene la maggioranza dei voti governa".
Ruffini parla di una politica che forse non c'è più, ma i cui
valori di rispetto degli avversari e di preminenza del bene
comune, dice, dovrebbero essere ancora oggi attuali e vigenti
tra i politici. Cita così Alcide De Gasperi e la famosa frase
'Dobbiamo essere pronti'; poi l'autrice della 'Banalità del
Male', Hannah Arendt e le sue parole 'Siamo nati per
cominciare'. Afferma che "nella storia sono le minoranze a
innescare il cambiamento, la Resistenza in Italia fu fatta da
300mila persone". E agli allievi della Polity Design dice "di
impegnarsi sempre per il bene collettivo senza mai perdere la
motivazione e di stare attenti ai politici che si presentano con
ricette e soluzioni già pronte".
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