(di Gianluca Angelini)
trasversalmente - nelle famiglie italiane. Diffuso al punto che questa 'credenza' inizia a generare conseguenze negative già dai 6 anni di età. A metterlo nero su bianco è uno studio dell'Università di Bologna secondo cui questo atteggiamento produce conseguenze 'nefaste' nelle bambine già dai primissimi mesi dalla scuola primaria, facendole sentire meno brave in matematica, indipendentemente dal giudizio effettivo dei genitori sulle loro capacità. Lo studio, da poco pubblicato sulla rivista Contemporary Educational Psychology, è il primo ad indagare la relazione tra gli stereotipi di genere sulla matematica dei genitori e la percezione dell'abilità in matematica di bambine e bambini già a partire dai 6 anni di età. Per realizzarlo sono stati coinvolti circa 250 bambine e bambini di diverse scuole primarie dell'Emilia-Romagna e del Veneto, insieme ai loro genitori e agli insegnanti.
Ai bambini è stato chiesto di valutare sia quanto si sentissero bravi in matematica, sia quanto pensassero che il loro papà e la loro mamma li ritenessero bravi. Poi è stato chiesto ai genitori quanto ritenessero bravo o brava in matematica il loro figlio o figlia e allo stesso tempo quanto condividessero lo stereotipo di genere sulla matematica. Infine, sono state raccolte le valutazioni degli insegnanti. Analizzando i dati i ricercatori hanno concluso che lo stereotipo di genere sulla matematica si impone negativamente sulle bambine già dai primi mesi della scuola primaria. E che la percezione di abilità matematica dei figli dipende, più che dalle valutazioni dell'insegnante, dai giudizi dei genitori, che vengono visti come 'interpreti'. Come dire, se i genitori li considerano bravi, anche i bambini si sentono bravi. In aggiunta, viene stabilito dalla ricerca bolognese, per le bambine esiste un effetto negativo dato dagli stereotipi di genere delle mamme: se la mamma ritiene che la figlia sia meno brava di un maschio in matematica, allora la figlia si sentirà meno brava indipendentemente dal giudizio effettivo della mamma sulla bravura della sua bambina.
Solo lo scorso marzo, uno studio Ocse sulle pari opportunità nella scuola, ha evidenziato come matematica e discipline tecniche siano uno spauracchio per le ragazzine quindicenni a causa di una mancanza di fiducia nei propri mezzi. Più brave dei coetanei maschi, più studiose, più attente alla scuola e ai buoni voti, infatti, finiscono dietro ai ragazzi se si considera la sola matematica. E non per qualche ragione innata, certifica l'Ocse, ma solo per un problema di percezione delle proprie competenze e di autostima.
Il tema oggetto della ricerca riguarda, al di là della ricerca, anche le giovani donne. Nel 2015 AIDIA, Associazione Italiana Donne Ingegnere e Architetto – sezione di Milano ha portato avanti il progetto Le ragazze possono con lo scopo di incoraggiare e sostenere le giovani donne nella scelta di percorsi di formazione STEM, acronimo inglese per Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica, incrementando la consapevolezza delle possibilità di carriera legate all'istruzione superiore tecnico-scientifica e motivando la scelta con modelli positivi, percorsi di carriera e destrutturazione dell'immaginario collettivo dell'ingegnere e delle professioni tecniche.
L'iniziativa ha coinvolto le studentesse tra i 14 e i 18 anni iscritte alle scuole secondarie superiori milanesi con una campagna di comunicazione che allontani le professioni tecniche dallo stereotipo maschile e le studentesse tra i 19 e i 23 anni iscritte alle lauree in STEM delle università milanesi
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