"Durante la pandemia abbiamo notato
un aumento di germi multiresistenti soprattutto nei pazienti
ricoverati nelle terapie intensive. Questo incremento ci riporta
alla tematica più urgente dell'infettivologia prima della
pandemia, i batteri multiresistenti". A puntare l'attenzione su
un problema già noto e causa di circa 11 decessi l'anno in
Italia, è Pierluigi Viale, Direttore Unità Operativa IRCCS
Policlinico Sant'Orsola, Bologna, e Presidente del 19/mo
Congresso della Società Italiana di Malattie Infettive e
Tropicali (Simit).
In Europa vi sono quasi 700mila casi di infezioni di germi
multiresistenti ogni anno, con oltre 33mila decessi; una quota
rilevante, pari a circa 10-11mila casi avviene in Italia. "Per
fare prevenzione - spiega Francesco Cristini, Direttore della
Unità Operativa Malattie Infettive Ospedale di Rimini e
Forlì/Cesena e copresidente del congresso Simit - si deve
partire dalle più elementari buone pratiche assistenziali, come
il lavaggio delle mani, visto i pazienti ricoverati sono
portatori di batteri anche multiresistenti e la continua
assistenza che ricevono dai sanitari può diventare veicolo nello
spostamento dei germi". Poi c'è il versante farmacologico. "Il
tema dell'abuso di antibiotici", aggiunge, "emerge ogni anno con
l'epidemia invernale di influenza e si è proposto anche
quest'anno per la Covid-19, che sono infezioni virali e per le
quali gli antibiotici non servono in prima battuta, ma solo in
pazienti ben selezionati che possono avere una infezione
batterica, anche sospetta, concomitante". Per fronteggiare
un'emergenza destinata a diventare una delle principali cause di
morte, conclude Viale, "sono in arrivo nuovi antibiotici e la
ricerca scientifica presto garantirà ulteriori progressi", ma "è
anche necessario che gli enti regolatori diano le giuste
incentivazioni a chi investe in questa ricerca, che dal punto di
vista aziendale può non essere altamente remunerativa".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA