Il sindacato dei medici Cimo si
prepara alla mobilitazione e incontrerà i propri iscritti per
far conoscere loro le implicazioni dell'ultima bozza del
contratto collettivo nazionale che si sta discutendo in Aran.
Dopo cinque mesi di trattativa, infatti, si legge in una nota
del sindacato, sono state accolte solo alcune richieste dei
sindacati, peggiorando al contempo la formulazione di altri
articoli più rilevanti.
"Emerge dunque con chiarezza - aggiunge il Cimo - la
direzione che si intende dare alla contrattazione e al futuro
dei medici dipendenti e del servizio sanitario pubblico:
nonostante i numerosi tentativi di mediazione dell'Aran, le
Regioni, che hanno realmente in mano il pallino e sono alle
prese con una grave carenza di personale sanitario, pur di
garantire i servizi intendono far lavorare di più e in
condizioni peggiori i pochi camici bianchi rimasti, inficiando
la qualità delle cure incentivando la fuga dagli ospedali verso
il privato e le cooperative".
Come esempi, il Cimo cita "la nuova formulazione dell'orario
di lavoro, che non elimina il rischio di dover lavorare senza
limiti orari, prevedendo per le ore eccedenti circa 57 euro a
settimana", ma anche "l'eccessivo numero di guardie notturne e
festive" che impedisce una reale continuità assistenziale".
Inoltre "viene introdotta la possibilità che un direttore di
dipartimento possa delegare alcune delle proprie funzioni da
primario ad un medico di un altro reparto", e l'istituzione del
servizio fuori sede, distante anche decine di km dalla propria
sede di lavoro. Si introduce così la figura del medico
itinerante.
"La carenza di medici negli ospedali è un'emergenza nazionale
che mette in pericolo la tutela della salute dei cittadini.
Considerata l'unanime volontà politica di frenare, a parole, la
fuga dagli ospedali - dichiara Guido Quici, presidente Cimo - ci
siamo illusi che il rinnovo del contratto potesse rappresentare
uno strumento utile a rendere gli ospedali nuovamente
attrattivi. L'attuale bozza invece va nella direzione contraria
rispetto a quella prospettata dal ministro della Salute Orazio
Schillaci".
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