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L'accesso alla pillola abortiva in Italia è una corsa ad ostacoli

L'accesso alla pillola abortiva in Italia è una corsa ad ostacoli

Oggi la Giornata Internazionale per l'aborto sicuro

ROMA, 28 settembre 2023, 17:44

Redazione ANSA

ANSACheck

++ Usa: Wyoming vieta per primo le pillole abortive ++ - RIPRODUZIONE RISERVATA

++ Usa: Wyoming vieta per primo le pillole abortive ++ - RIPRODUZIONE RISERVATA
++ Usa: Wyoming vieta per primo le pillole abortive ++ - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il 28 settembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'aborto sicuro: un diritto che in Italia è garantito dalla legge 194 del 1978, ma che spesso nella pratica si trasforma in una corsa a ostacoli e contro il tempo. È la fotografia, tra luci e ombre, che emerge dal nuovo rapporto 'Aborto farmacologico in Italia: tra ritardi, opposizioni e linee guida internazionali' di Medici del Mondo, rete internazionale impegnata a garantire l'accesso alla salute, che evidenzia le ancora forti disuguaglianze nell'accesso alle pratiche abortive. Voci che accompagnano il viaggio della campagna 'The Impossible Pill', che, con il linguaggio ironico di Laura Formenti, attraversa il Belpaese per denunciare quanto l'Italia sia colpevolmente distante dalle direttive dell'Oms.

 

 

    Nel nostro Paese, infatti, sebbene l'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) sia una prestazione compresa nei Lea - ovvero nell'elenco di prestazioni e servizi essenziali che il Ssn è tenuto a fornire a tutti i cittadini - poco più della metà delle strutture ospedaliere la effettua, e la pillola abortiva (RU486) continua a essere considerata un farmaco rischioso, nonostante in Europa si utilizzi da oltre 30 anni e dal 2006 l'Oms la consideri un farmaco essenziale per la salute riproduttiva. Ma ci sono anche avanguardie, come la Regione Lazio che ha introdotto nel regime ambulatoriale la procedura at home, o come l'Emilia-Romagna che ha iniziato a distribuire la RU486 nei consultori. Secondo i dati del Ministero della Salute del 2020, le strutture con reparto di ostetricia che effettuano Ivg sono il 63,8%. Inoltre, è obiettore di coscienza il 36,2% del personale non medico, il 44,6% degli anestesisti e il 64,6% dei ginecologi, con picchi dell'84,5% nella provincia autonoma di Bolzano, 83,8% in Abruzzo e 82,8% in Molise. Le discrepanze nell'accesso al servizio diventano ancora più evidenti rispetto all'aborto farmacologico (RU486), su cui l'Italia è ancora molto in ritardo: la pillola abortiva è arrivata solo nel 2009 e negli anni sempre più persone l'hanno preferita al metodo chirurgico, passando dallo 0,7% nel 2010 al 31,9% nel 2020. Numeri però lontani dagli altri Paesi: in Francia e in Inghilterra gli aborti farmacologici sono oltre il 70% del totale, con la possibilità di somministrazione fino alla nona settimana di gravidanza e in day hospital, possibilità che in Italia è stata introdotta solo nel 2020 mentre la deospedalizzazione dell'aborto farmacologico è prevista solo in alcune regioni e con grandi differenze.

L'accesso all'aborto farmacologico in Italia registra forti differenze tra le regioni, e sono poche quelle in cui è possibile effettuarlo in regime ambulatoriale. E' il quadro tracciato da Medici nel mondo. Questi alcuni esempi: SICILIA. È il caso, ad esempio, della Sicilia, dove su 57 reparti di ostetricia e ginecologia solo 31 effettuano Ivg e la RU486 è disponibile solo in ospedale. Oltre al sottodimensionamento dei consultori, c'è una grave carenza di personale: i ginecologi obiettori sono l'81,6%, con picchi del 100% in 26 strutture. A Catania l'Ivg farmacologica non è disponibile in nessun ospedale, mentre a Messina solo il Policlinico somministra la RU486 e lo fa solo da qualche mese. Ma all'Ospedale Cervello di Palermo le IVG farmacologiche sono l'80% del totale e al Policlinico il protocollo avviato negli ultimi mesi del 2021 ha portato a una riduzione degli interventi chirurgici del 50-60%, con il 20% circa delle pazienti che arriva da altre città. PIEMONTE. Diverso il caso del Piemonte, che da avanguardia italiana è diventato terreno di uno scontro politico. Oggi le Ivg farmacologiche si effettuano in praticamente tutti gli ospedali del Piemonte, prima regione italiana per numero assoluto di aborti farmacologici. Ma nel 2020, la Regione, a guida centrodestra, ha diramato una circolare che vieta la somministrazione della RU486 nei consultori e attiva negli ospedali 'sportelli informativi' gestiti da associazioni antiabortiste. LAZIO. Opposto il caso del Lazio: per promuovere "un percorso di civiltà per tutelare il diritto alla salute e il diritto di scelta delle donne", a dicembre 2020 la Regione ha approvato un nuovo protocollo operativo per l'Ivg farmacologica, diventando l'unica regione italiana a prevedere nel regime ambulatoriale la procedura at home, secondo le linee guida internazionali. EMILIA-ROMAGNA. In questa direzione si è mossa anche la Regione Emilia-Romagna, che da settembre 2022 consente di accedere all'Ivg farmacologica in consultorio. Nel 2022 a Bologna l'Ivg farmacologica ha raggiunto l'80,4% dei casi, liberando la sala operatoria e impattando positivamente l'organizzazione del lavoro. Anche qui, molte le donne che arrivano da fuori regione.  

   

Associazione Luca Coscioni,3500 firme per gratuità dei contraccettivi

Oltre 3500 firme per chiedere il rispetto del diritto alla salute e all'autodeterminazione. Nella giornata internazionale per l'aborto sicuro, "insieme alle persone che hanno firmato la nostra petizione, torniamo a chiedere al Parlamento di ottenere la pubblicazione di dati aperti sullo stato di applicazione della legge 194 del 1978 sull'Interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), aggiornare la legge numero 194 alla luce del diritto alla salute delle donne e garantire la gratuità di tutti i moderni metodi contraccettivi". Lo afferma l'Associazione Luca Coscioni in una nota. "Da anni - dichiara Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'associazione - lavoriamo affinché la legge 194 sia applicata in modo corretto in tutta Italia e affinché il servizio di interruzione di gravidanza sia erogato in maniera equa, senza ostacoli e discriminazioni. Insieme a tutti i firmatari della petizione chiediamo alle commissioni competenti della Camera e del Senato di discutere la petizione che è stata inviata lo scorso dicembre e di prevedere audizioni sulle singole questioni sollevate. Al fine di migliorare la corretta applicazione della legge 194/78 chiediamo al ministro della Salute Orazio Schillaci l'inserimento di alcuni indicatori specifici fra quelli che determinano il punteggio dei Livelli Essenziali di Assistenza. La proposta è dunque che vi sia un 'indicatore' relativo all'interruzione volontaria di gravidanza nel sistema di misura Lea. In tal modo vi sarà un sistema anche di verifica sulla corretta applicazione della legge 194 diverso e le Regioni adempienti parteciperanno alla suddivisione di una ulteriore quota di finanziamento". Il governo, concludono le dottoresse Mirella Parachini e Anna Pompili, "continua a non comunicare i dati aperti sullo stato di applicazione della legge 194. Con i Parlamentari dell'intergruppo promosso dall'associazione in materia di Ivg seguiremo la via parlamentare di modifica della legge che ne migliori la portata nel rispetto della salute della donna, non tralasciando le altre vie possibili, inclusi i Tribunali. Segnaliamo inoltre che tramite la piattaforma Freedom Leaks è possibile segnalare in forma anonima questioni sull'applicazione della legge 194/78".

Cgil, l'accesso sicuro in Italia è sotto attacco

Il diritto all'accesso all'aborto sicuro, nel mondo e in Italia, "è sotto attacco. Nel nostro Paese il 64,6% dei ginecologi, il 44,4% degli anestesisti e il 36,2% del personale non medico è obiettore di coscienza, e in tutto il territorio nazionale vi sono solo 1925 consultori pubblici, lo 0,6% ogni ventimila abitanti. Per questo siamo in campo per vigilare e proporre soluzioni che garantiscano il diritto di scelta e di autodeterminazione delle donne". Così la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione e la responsabile salute per le Politiche di genere della Cgil nazionale Esmeralda Rizzi nella Giornata internazionale per l'aborto sicuro e libero. "Nei Paesi cosiddetti sviluppati, si stima che muoiano trenta donne ogni 100.000 aborti per mancanza di sicurezza. L'aborto sicuro in Italia - ricordano le dirigenti sindacali - è riconosciuto e tutelato dalla legge 194 del 1978, ma i numeri e la cronaca evidenziano come nel nostro Paese non sia sempre garantito. Dalla relazione annuale del Ministero della salute del 2022, dati riferiti al 2020 e su base nazionale, risulta appunto che oltre la metà dei ginecologi è obiettore di coscienza. Dati generali, che non rappresentano la situazione effettiva del Paese dove tra pensionamenti e obiezione di coscienza, ci sono zone senza più medici che praticano le Interruzioni Volontarie di Gravidanza. E se nei Policlinici dove si formano i nuovi medici tutto il personale è obiettore, nessun nuovo medico sarà formato per praticare le IVG". Passando al quadro internazionale, "mentre in Polonia la Corte suprema cancellava di fatto il diritto alle Ivg, la corte Suprema degli Stati Uniti ribaltava la famosa sentenza Roe v. Wade cancellando il diritto federale all'aborto, oggi vietato in molti Stati". "Ma anche nel nostro Paese, in alcune regioni governate dalla destra - affermano Ghiglione e Rizzi - si stanno mettendo in campo azioni volte a limitare l'accesso libero e sicuro all'aborto. A Torino, per esempio, a luglio era stato firmato un accordo tra assessorato al welfare, antiabortisti e Ospedale S. Anna per la gestione di una 'Stanza dell'ascolto' per donne che volessero ricorrere all'Ivg, contro cui siamo prontamente intervenuti".

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