Il 'self help', la psicologia 'fai-da-te' che dilaga tra gli scaffali delle librerie, sta diventando come una droga, una dipendenza che dà solo l'illusione di migliorarci e di poter fare ciò che si vuole, portando a una condizione di inadeguatezza e sconforto, causa di stress e depressione. Lo spiega in un'intervista all'ANSA Svend Brinkmann, dell'università danese di Aalborg e autore di 'Contro il self help - come resistere alla mania di migliorarsi' (Raffaello Cortina Editore).
"La nostra cultura - spiega - chiede il continuo migliorarsi, non importa quanto sei in gamba, non lo sarai mai abbastanza; ciò crea una mentalità depressiva, infatti chi soffre di depressione ha questa idea di non essere all'altezza".
La regola numero uno oggi è 'devi stare al passo', ma il ritmo è troppo accelerato e finisce per generare una sensazione di alienazione rispetto a quel che facciamo. "Le moderne epidemie di depressione e burn out - spiega - ne sono il risultato".
"Il problema del self-help - continua Brinkmann - è che fa promesse illusorie di felicità e successo seguendo pochi semplici passi, come se l'individuo potesse controllare tutto e se la felicità fosse una scelta, quindi se sei infelice è solo colpa tua. Il self help è come una droga: compriamo un libro di auto-aiuto che dà l'illusione momentanea di funzionare, ma poi ce ne serve un altro e poi ancora, come accade a un tossicodipendente. La ragione per cui sugli scaffali delle librerie abbiamo tanti libri di self-help è probabilmente che nessuno funziona veramente. Bisogna combattere l'illusione di potersi auto-migliorare venduta senza la minima traccia di evidenza scientifica".
"Accettare i propri limiti e rifiutare il positivismo a tutti i costi aiuta ad apprezzare di più la propria vita, conclude, scegliete un romanzo piuttosto che un libro di self help; i romanzi ti aiutano a vedere la vita umana nella sua complessità e l'impossibilità di controllarla".
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