Quando si parla di Intelligenza
Artificiale, in Italia è ancora troppo vasta la distanza tra la
ricerca scientifica e le applicazioni che le imprese possono
implementare: la quantità di aziende che utilizzano l'IA in
Italia è solo un terzo di quella presente in altri paesi europei
come Francia e Germania. Il problema principale, oltre alla
mancanza delle capacità adeguate, "è che le imprese non sanno
come utilizzarla, non riescono a trovare un modo per trarne
valore". Lo ha sottolineato Gianluigi Greco, presidente
dell'Associazione Italiana per l'Intelligenza Artificiale (Aiia)
e professore all'Università della Calabria, intervenuto oggi a
Roma al simposio organizzato sul tema dall'Agenzia Spaziale
Italiana.
"È stato un anno molto intenso per chi si occupa di IA", dice
Greco. "Sulla regolamentazione del settore l'Italia è avanti:
l'Agenzia per l'Italia Digitale ha iniziato a interessarsi al
tema già nel 2018, ma ora bisogna definire un aggiornamento che
tenga conto del mutato quadro normativo e della maggiore
consapevolezza dei rischi". Come spiega il presidente dell'Aiia,
l'attuale strategia italiana si basa su due livelli trasversali
particolarmente importanti, cioè le infrastrutture di rete e di
dati. "Sul valore dei dati, in particolare, in Italia abbiamo
ancora una sensibilità molto bassa - commenta Greco - siamo
molto indietro rispetto al resto del mondo".
I due livelli trasversali dell'infrastruttura intersecano
poi, quattro pilastri, che sono quelli della ricerca, della
pubblica amministrazione, delle imprese e della formazione. In
quest'ultimo campo, le performance delle università italiane
risultano ancora deludenti. "Siamo al quintultimo posto in
Europa per le competenze digitali - afferma ancora Gianluigi
Greco - È necessario promuovere una formazione capillare
sull'Intelligenza Artificiale e realizzare percorsi educativi
dedicati e interdisciplinari".
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