Facebook avrebbe dovuto "rispondere molto prima" alle interferenze russe nelle elezioni statunitensi di fine 2016, ma il social network non è l'unico da biasimare: anche la politica, l'intelligence e i media hanno fallito. E' questa la visione di Alex Stamos, ex capo della sicurezza di Facebook, che in un intervento pubblicato nel weekend sul Washington Post ha parlato del problema della disinformazione e ha invitato a "unire le forze" per combatterlo.
La questione è stata sollevata la settimana scorsa da un'inchiesta del New York Times che ha accusato i vertici della società - in primis Mark Zuckerberg - di aver ignorato i segnali d'allarme sulla "fabbrica" russa di troll attiva nell'orientare il voto americano a suon di post sul social. Facebook ha usato "una strategia comunicativa di minimizzazione" dei fatti mentre avrebbe dovuto essere "più trasparente", ha scritto Stamos.
Tuttavia "nessuno mi ha detto di non esaminare l'attività russa, né qualcuno ha tentato di mentire su quanto avevamo scoperto", ha precisato. Gli errori, però, sono anche altrove: l'intelligence americana non ha messo in guardia sugli obiettivi e le capacità della guerra russa dell'informazione; il Congresso non ha regolamentato le pubblicità politiche; i media hanno "ricompensato" gli hacker russi pubblicando migliaia di notizie sul furto delle email ai vertici del partito democratico. "E' tempo di unirci per proteggere la nostra società da operazioni informative future", ha esortato Stamos, invitando il Congresso a varare una legge che vieti "inserzioni mirate a piccoli segmenti della popolazione" cui mostrare "notizie politiche divisive", e a stabilire cosa è responsabilità del governo e cosa delle aziende hi-tech nella lotta alla disinformazione.
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