ROMA - Fare il pane deve rientrare tra le attività agricole e beneficiare dello stesso regime fiscale dedicato. Lo chiede Cia-Agricoltori Italiani che è ricorsa in appello al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del Lazio n. 4916/2021 che ha escluso dalle attività agricole connesse proprio la "produzione di prodotti di panetteria freschi" e la "produzione di pane". I giudici amministrativi, ricorda Cia, hanno infatti accolto un ricorso di Fippa, la Federazione italiana panificatori e affini, annullando i decreti del Ministero dell'Economia e delle Finanze nella parte in cui questi, nel 2010 e nel 2011, avevano inserito la produzione di pane tra le attività connesse a quella agricola. Un'inclusione che determinava, tra le altre cose, l'applicazione del regime fiscale riservato agli agricoltori anche alla produzione di pane; in assenza, invece, la tassazione è quella più gravosa, stabilita in generale per le attività commerciali.
Con l'assistenza dei professori Antonello Madeo e Giampaolo Austa, Cia ha ribadito come l'applicazione del regime fiscale riservato alle imprese agricole anche per la produzione di pane è una condizione necessaria ad assicurare la sopravvivenza di un settore importante del Paese per tradizione e cultura; diversamente potrebbe diventare insostenibile dal punto di vista economico, con conseguente scomparsa di tante piccole imprese della filiera. "Ora confidiamo che il Consiglio di Stato possa condividere i nostri motivi di appello - ribadisce Cia - impedendo l'equiparazione, dal punto di vista fiscale, dei panificatori imprenditori agricoli e di quelli commerciali che sono, invece, due categorie distinte e non paragonabili da nessun punto di vista".
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