Diventa più chiara la definizione di
"panificio", "pane fresco" e "pane conservato" con un decreto
ad hoc del ministero per lo Sviluppo economico del 1 ottobre,
pubblicato oggi in Gazzetta ufficiale. Un quadro normativo
necessario ma non sufficiente, a detta degli operatori che
restano in attesa di una legge del comparto dell'arte bianca. La
normativa, in discussione in queste settimane a livello
parlamentare, è chiesta dalle organizzazioni per valorizzare
l'artigianalità del prodotto e la materia prima made in Italy
anche attraverso una normativa sanzionatoria e l'introduzione di
un'etichettatura del pane.
Il provvedimento oggi in Gu definisce nella sostanza i termini
di "panificio" definendolo come l'impresa che dispone di
impianti di produzione di pane e svolge l'intero ciclo di
produzione dalla lavorazione delle materie prime alla cottura
finale. Per "fresco" si intende il pane preparato secondo un
processo di produzione continuo, privo di interruzioni
finalizzate al congelamento o surgelazione. Inoltre viene
ritenuto continuo il processo di produzione quando non
intercorra un intervallo di tempo superiore alle 72 ore
dall'inizio della lavorazione fino al momento della messa in
vendita del prodotto. Per il pane conservato è prevista invece
la vendita in scomparti appositamente riservati.
"Il testo del decreto ministeriale - ha commentato il
presidente di Assopanificatori nazionale Davide Trombini- è
molto schematico e restrittivo rispetto alle disposizioni
contemplate nei Ddl in esame al Senato e alla Camera e non
risponde alle esigenze della categoria che, con ancor maggior
vigore, dovrà lottare per vedere approvato il testo di legge che
ingloberebbe e supererebbe le definizioni riportate che
risentono della lunga trattativa. Si tratta comunque di un primo
importante risultato". "Ma ribadiamo- aggiunge- che alla luce
del Dm la legge sulla panificazione è ancora più urgente".
Gabriele Rotini di Cna agroalimentare (Confederazione nazionale
dell'artigianato e della piccola media impresa) condivide la
ratio delle leggi ma sostiene la necessità di un quadro
normativo coerente ed uniforme che superi la frammentazione
territoriale, frutto di disposizioni regionali disomogenee che
hanno stabilito criteri differenti sulla denominazione di pane
fresco.
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