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Caro energia, allarme tra produttori di latte del Parmigiano

Caro energia, allarme tra produttori di latte del Parmigiano

Confagricoltura: 'Gli allevatori potrebbero ridurre i capi'

BOLOGNA, 13 settembre 2022, 15:02

Redazione ANSA

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 Il caro-prezzi arriva ad insidiare una delle Dop italiane più influenti. "Si rischia di non produrre i quantitativi di latte richiesti, per la trasformazione in formaggio Parmigiano Reggiano, dalla programmazione 2023-2024 del Consorzio", lancia l'allarme il presidente della sezione lattiero-casearia di Confagricoltura Emilia Romagna, Roberto Gelfi - infatti, a causa dei rincari, l'allevatore potrebbe decidere di ridurre il numero di capi e di conseguenza la produzione complessiva di latte".

Secondo l'elaborazione di Confagricoltura Emilia-Romagna, i costi di produzione del latte per il Parmigiano Reggiano hanno subito un balzo del 40-50% in più e quelli della sua trasformazione del 35-45% rispetto all'anno precedente.

"Inoltre, c'è il serio rischio - aggiunge Gelfi - che le aziende zootecniche non possiedano abbastanza liquidità per sostenere siffatti aumenti e che quindi scelgano di vendere subito parte del latte crudo sul mercato spot, destinandolo ad altri usi alimentari e non alla trasformazione in Parmigiano Reggiano". Nelle stalle del circuito di produzione della Dop la spesa per l'energia elettrica, stima Confagricoltura Emilia Romagna, è passata mensilmente da 24 a 76 euro per capo nel periodo 2021-2022, il gasolio agricolo da 15 a 35 euro/capo e l'erba medica per l'alimentazione del bestiame da 56 a 96 euro/capo. Si acuisce intanto la crisi del latte alimentare per il consumo diretto o per altre produzioni lattiero-casearie. Il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini, sottolinea le difficoltà che toccano da vicino i produttori: "Il prezzo del latte crudo alla stalla è sottostimato da decenni e adesso - dice - con l'incasso di un mese l'allevatore ripaga a malapena il mangime e il carburante, restano fuori tutte le altre spese. Poi non si capisce perché permanga una sostanziale differenza tra le quotazioni stabilite negli 'accordi quadro', attualmente sui 60 centesimi circa al litro iva inclusa, e quelle del libero mercato. 

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