Una produzione stabile e in continua
crescita con oltre 230mila forme all'anno del Valtellina Casera
Dop che, a distanza di quasi trent'anni dalla pubblicazione,
richiede un riesame del disciplinare per riflettere i
cambiamenti socioeconomici, tecnologici e di mercato che hanno
interessato la filiera del latte valtellinese. Grazie al
progetto Simca, promosso dal Consorzio di tutela Valtellina
Casera e Bitto, in collaborazione con l'Università di Milano e
il Cnr, è stato possibile verificare come variabili quali razza
bovina, foraggi, trattamenti termici del latte, modalità di
pressatura e stagionatura influenzino la qualità e i profili
sensoriali del formaggio. Dall'analisi di oltre 450 campioni è
risultata l'assenza di lattosio e galattosio, elevati valori
nutrizionali, identificando soluzioni innovative per migliorare
la qualità del prodotto e supportare l'aggiornamento del
disciplinare.
"In passato ci siamo spesso affidati alle pratiche
tradizionali, senza approfondire i fenomeni alla base della
produzione - spiega il presidente del Consorzio, Marco Deghi -
oggi, invece, abbiamo voluto entrare in un maggior dettaglio,
studiando i processi di trasformazione, le caratteristiche del
latte, le variabili produttive e le innovazioni che negli ultimi
25 anni hanno influenzato la storia di questo formaggio. Si
tratta di un approccio nuovo, che affianca alla tradizione
un'importante base scientifica, necessaria per affrontare con
solide evidenze il progetto di modifica del disciplinare". I
risultati raggiunti dal progetto forniscono elementi scientifici
e operativi per una possibile modifica del disciplinare, ha
spiegato Ivano De Noni, del Dipartimento di Scienze per gli
Alimenti dell'Università di Milano, "questo supporta i
produttori nell'adozione di pratiche zootecniche e di
caseificazione utili per migliorare la qualità del prodotto,
individuando al contempo soluzioni di commercializzazione capaci
di rispondere alle esigenze del mercato attuale".
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