"Abbiamo sbagliato a scriverlo, va bene, mi prendo il mio pezzo di responsabilità ma non è solo colpa nostra. È colpa del sistema che ci ha indotto a fare queste comunicazioni".
Così il fondatore e presidente di Bio-on, Marco Astorri, ora ai domiciliari per false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato, provava a convincere un revisore di Ernst & Young, che manifestava forti riserve sull'atteggiamento dell'imprenditore, durante una conversazione telefonica intercettata dagli investigatori.
Il revisore contestava ad Astorri che l'impianto di Castel San Pietro è in grado di produrre soltanto 5 tonnellate al mese di microplastiche in Pha, cifra in realtà ben lontana dalle indicazioni fornite al pubblico dalla società (che era di mille all'anno). In un'altra intercettazione un consigliere d'amministrazione definisce quelle di Astorri "teorie comunicative e scollegate dalla realtà", e anche il vicepresidente di Bio-on, Guido Cicognani, destinatario di una misura interdittiva del divieto di esercitare ruoli direttivi di persona giuridica, parlando con un interlocutore, diceva che "Astorri aveva sparato molto alto".
Infine, in una telefonata dello scorso 9 agosto, uno degli indagati, consigliere di amministrazione della società, dialogando con il presidente del collegio sindacale, Gianfranco Capodaglio, anche lui sottoposto a misura interdittiva, ammette che "tutte le entrate delle joint venture sono fittizie".
"Anche alla luce degli autorevoli pareri già in atti circa la regolarità delle condotte tenute dagli amministratori della società, e in particolare circa la regolarità dei rapporti finanziari con le società partecipate", presenteremo quanto prima "la dovuta richiesta di riesame al Tribunale competente, confidando che la correttezza dell'operato di Marco Astorri e degli organi societari venga riconosciuta in sede giudiziaria". È quanto fanno sapere il professor Filippo Sgubbi e l'avvocato Tommaso Guerini, legali di Marco Astorri.
False comunicazioni sociali e manipolazione del mercato: sono le accuse nei confronti dei vertici della società bolognese quotata in Borsa e operante nel settore delle bioplastiche. Tre le misure cautelari personali emesse dal Gip di Bologna. Perquisizioni in Emilia Romagna, Lombardia e Lazio e sequestro di beni per complessivi 150 milioni.