"È un'emozione molto bella, mi dà speranza. Il segnale che arriva dalla mia città, Bologna, è che dalle realtà più piccole, dai comuni, si può partire e sperare; si partirà dal basso e si arriverà in alto prima o poi". Con queste parole Pamela Malvina Noutcho Sawa, 30enne originaria del Camerun, infermiera e campionessa di pugilato nella categoria 64 Kg commenta all'ANSA lo Ius Soli entrato, simbolicamente, nello statuto del Comune di Bologna. Pamela vive in Italia da quando, a otto anni, si è ricongiunta con il padre che si era trasferito per studio e lavoro.
Prima ha vissuto a Perugia dove ha frequentato la scuola primaria, le medie e le superiori, poi a Bologna, dove si è laureata alla triennale e alla magistrale in Scienze Infermieristiche. Oggi lavora nel pronto soccorso dell'ospedale Maggiore. Nel capoluogo emiliano ha anche incontrato la passione per il pugilato e milita nell'Asd Bolognina boxe. Tuttavia Pamela è ancora in attesa della cittadinanza italiana, richiesta due anni fa: "Sono fiduciosa di ottenerla presto", dice.
Ius Scholae, la storia di Pamela: 'E' tempo di dare la cittadinanza a chi nasce e cresce in Italia'
Quella destinata agli studenti minorenni figli di migranti di Bologna è una "cittadinanza onoraria" ma per Pamela non ha solo un valore simbolico: "Significa essere riconosciuti come parte di una comunità. Per un bambino Bologna è come se fosse la sua nazione - sottolinea - significa dirgli: tu hai un posto dove potrai sempre tornare e puoi considerarlo casa". Adesso la speranza per Noutcho Sawa è che il Parlamento riconosca almeno lo Ius scholae: "Ormai sono grande, ma so cosa si prova. Un bambino che nasce, cresce e studia qui, non ha bisogno di aspettare 18 anni per dire e capire di essere italiano, lo è".