"Devo ammettere che nonostante credo sia giusto denunciare quello che è successo, ho molta paura che possa risuccedere, anche perché quello che è successo quel giorno e quello che ho provato non lo dimenticherò mai. In queste notti non riesco a dormire perché ripenso a quanta paura ho avuto di morire e a tutta quella forza e violenza che è stata usata nei miei confronti mentre ero a terra e ammanettato". Sono le parole verbalizzate pochi giorni dopo il pestaggio del 3 aprile in carcere a Reggio Emilia nella denuncia del 43enne detenuto. A marzo dieci agenti di polizia penitenziaria saranno davanti al giudice per l'episodio.
"E' stato un lungo momento di terrore puro, in cui ho pensato che non avrebbero mai smesso" racconta nella denuncia alla Procura il 43enne. Dieci agenti saranno a marzo in udienza preliminare. "Ho esposto al mio avvocato - proseguiva il detenuto dopo aver ricostruito tutto quello che gli era successo - la mia ferma volontà di denunciare l'accaduto, perché come io sto pagando per gli errori che ho fatto, è giusto che chi mi ha picchiato, approfittando del mio stato detentivo e della circostanza che fossi ammanettato e in minoranza, risponda legalmente di ciò che ho fatto. Sono consapevole dei rischi che posso correre denunciando tutto questo proprio mentre sono nello stesso carcere, ma non è giusto quello che è successo".
Lo sdegno dei ministri Nordio e Piantedosi
Intervengono i ministri degli Interni Piantedosi e della Giustizia Nordio.
"Fermo restando che tutto deve essere accertato nelle sedi competenti, e quindi dare giudizi molto netti preventivamente è sempre qualcosa che deve avere un certo riguardo, è ovvio che non sono cose accettabili. Ogni volta che una persona è ristretta, sotto la vigilanza di organi dello Stato, deve essere assicurata la dignità della persona in modo duplice rispetto alle normali condizioni". Lo ha detto il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, a margine di una visita ad Imola, rispondendo ad una domanda sul video del pestaggio in carcere a Reggio Emilia.
"Provo sdegno e dolore, sono immagini indegne per uno Stato democratico. In attesa che la magistratura ricostruisca i fatti e accerti le responsabilità, voglio sottolineare come sia stata la stessa polizia penitenziaria a svolgere le indagini, su mandato della Procura.
L'amministrazione penitenziaria tutta è la prima ad auspicare che si faccia luce fino in fondo sulla vicenda: siamo impegnati a garantire la legalità in ogni angolo di ogni istituto". Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sull'inchiesta di Reggio Emilia, dove in carcere si sono verificati i gravi episodi di tortura documentati in un video.
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