BRUXELLES - Per la prima volta dal 2007 torna il segno più davanti ai Pil di tutta Europa, ma la ripresa è lenta, disomogenea e l'Italia è dopo Cipro il fanalino di coda dell'Eurozona: nel 2015 la crescita si ferma a +0,6%, destinata l'anno prossimo (1,3%) a diventare ufficialmente la più bassa di Eurolandia. Per ora non sembra essere arrivata la spinta di riforme, misure Bce e nemmeno di euro e petrolio ai minimi. Ma debito e deficit migliorano, spianando la strada alla promozione della legge di stabilità nel prossimo esame del 27 febbraio.
La Ue ha riconosciuto "l'efficacia delle misure, la validità degli argomenti presentati a supporto delle proiezioni del governo e riconosce gli sforzi che abbiamo realizzato e che stiamo continuando a realizzare sulle riforme", ha detto il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan. Il deficit italiano scende a 2,6% nel 2015 e a 2% nel 2016. La disoccupazione invece continua a salire, assieme ai timori di Bruxelles che la situazione possa diventare cronica. Ma il Mef non condivide l'allarme: "Con il consolidamento della ripresa l'occupazione aumenterà" e il miglioramento del clima di fiducia insieme all'aumento degli occupati stimoleranno "un'ulteriore ripresa dei consumi".
Le nuove previsioni economiche della Commissione europea certificano la fine della recessione nel 2015, ma ammettono che nel 2014 si è perso slancio e i Paesi procedono a macchia di leopardo. Bene la Germania (+1,5%) che ritrova la domanda interna, benissimo la Spagna (+2,3%) che ha migliorato il mercato del lavoro, ancora meglio l'Irlanda (+3,5%). Rallenta invece la Francia (+1%) per mancanza d'investimenti, e l'Italia torna positiva ma resta "fragile": il 2015 è trainato dall'export, ma la domanda interna aumenta solo in modo "modesto". La Ue spiega che l'atteso aumento dei redditi delle famiglie dovuto al calo dei prezzi dell'energia si tradurrà "solo parzialmente in consumi più elevati". In realtà "le condizioni del mercato del lavoro restano povere e molte famiglie hanno bisogno di rimettere in sesto i risparmi erosi durante la crisi".
Il problema dell'economia italiana è un "alto debito e bassa crescita", e "deve essere risolto con riforme e prudenza di bilancio", spiega il commissario agli affari economici Pierre Moscovici, che chiede al Governo "di fare sforzi in tal senso" e si aspetta "che le autorità specifichino l'agenda di riforme economiche e cosa sostiene gli sforzi di bilancio 2015". L'agenda di riforme può essere utile anche allo scopo di ottenere la flessibilità e di evitare una procedura per debito eccessivo: il 27 febbraio, oltre al giudizio definitivo sulla legge di stabilità arriverà anche il parere sul rispetto della regola del debito e un nuovo rapporto sugli squilibri macroeconomici.
Nonostante il debito (133% nel 2015 e 131,9% nel 2016) sia in discesa rispetto alle stime di novembre, resta il secondo più elevato dopo quello greco. Quindi a rischio di procedura, nonostante il Governo abbia fatto la correzione strutturale che Bruxelles chiedeva (0,25%). Ma se l'Italia chiedesse al'applicazione delle clausole di flessibilità (una è proprio la 'clausola di riforme'), e si impegnasse in un programma vincolante e concordato con l'Ue, potrebbe evitarla. I margini di applicazione della clausola per investimenti, invece, sono ridotti: con un deficit a 2,6%, che deve restare ben al di sotto del 3% per preservare anche un 'margine di salvaguardia', lo spazio da utilizzare resta poco.
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