BRUXELLES - Tsipras va avanti con il suo referendum invitando di nuovo i greci a votare 'no' e l'Europa congela ogni trattativa. Fino a domenica cala il silenzio dei creditori, perché ogni tentativo di raggiungere un'intesa, anche oltre l'ultimo minuto, è fallito, e ora vogliono vedere che cosa ne pensano davvero i greci. Anche la Bce si mette in modalità di attesa, rinnovando la liquidità d'emergenza (Ela) alle banche. Merkel ha deciso di andare a vedere fino in fondo il gioco a cui sta giocando Tsipras, convocando una consultazione rischiosa, che il premier Matteo Renzi definisce un "errore", dall'esito incerto e dalle conseguenze che nessuno è in grado di prevedere. Per questo i creditori, fino ad oggi con la mano tesa, ora si tirano indietro, senza chiudere la porta ma allontanandosi dall'arena che in questi giorni ha visto scontrarsi due mondi politici e due modi diversi di concepire l'Europa.
Salvare la Grecia non è più, per ora, un problema loro: "L'Ue non è in grado di aiutare nessuno contro la sua volontà", avverte il presidente Donald Tusk. Il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker ci ha creduto fino all'ultimo, cercando di mediare tra il Governo greco e un Eurogruppo ormai a corto di pazienza verso chi "non ha ancora un piano realistico per l'economia", come ha detto il ministro finlandese delle Finanze Alexander Stubb. Juncker ha anche provato a raccogliere l'ultima proposta di Tsipras contenuta in una lettera arrivata a ridosso della scadenza del programma nella quale ribadiva i paletti su iva e pensioni.
La Commissione, anche a programma ormai scaduto, l'avrebbe valutata e magari incorporata in un nuovo eventuale piano, cioè il terzo pacchetto di aiuti che chiede Tsipras. Ma Bruxelles non può muoversi senza l'Eurogruppo. Per avviare un negoziato su un nuovo piano di salvataggio serve prima di tutto il suo via libera, implicitamente legato al via libera dei capi di Stato e di Governo. Nonostante l'opposizione della Merkel a negoziare subito un terzo piano, Atene probabilmente avrebbe potuto strappare almeno un'apertura o un via libera preliminare. In cambio, però, avrebbe dovuto concedere qualcosa: il ritiro del referendum o quantomeno un cambio di schieramento, spingendo i greci a votare per il 'sì'.
L'Europa teme la consultazione greca perché ne vede il significato esclusivamente politico visto che, dal punto di vista tecnico, il quesito non è nemmeno corretto perché "non è più sul tavolo", come notava il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis. Dunque una vittoria del 'no', sarebbe un vero e proprio rifiuto dell'Europa. Tsipras, invece, ha deciso di tirare dritto per la sua strada e in un nuovo discorso alla Nazione ha rinnovato l'invito a un voto negativo, che "non significherebbe dire no all'Europa ma tornare a un'Europa di valori". Dopo il discorso del premier, le porte del dialogo si sono chiuse: "Gli aiuti alla Grecia sono sospesi dopo che Atene ha unilateralmente abbandonato il negoziato, e ora bisogna aspettare l'esito del referendum", ha detto Merkel.
"La Commissione non avrà alcun contatto con il governo di Atene prima del referendum", ha avvertito Juncker. Anche l'Eurogruppo, impegnato su base quasi quotidiana nelle ricerca di una soluzione, congela i negoziati: "Abbiamo preso nota delle ultime proposte greche ma data la situazione politica e dato l'invito a votare 'no' del governo greco al referendum, non vediamo terreno per altre discussioni", ha quindi chiuso il presidente Jeroen Dijsselbloem, annunciando la sospensione di tutte le consultazioni tra le istituzioni.
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