Infine, Giulio Regeni riposa in pace. Il giovane ricercatore appassionato difensore dei diritti, curioso e conoscitore del mondo, scomparso ed ucciso in Egitto, è stato salutato per l'ultima volta dalla sua comunità: amici, parenti, colleghi, professori. E dai suoi cari. In mille erano nella palestra di Fiumicello, tra spalliere e attrezzi ginnici e la Croce con due quadri della Via Crucis. E più del doppio ha seguito le due ore di cerimonia all'esterno, sotto la pioggia, in piedi. Tutti hanno poi raggiunto il cimitero e tutti hanno abbracciato i genitori una volta calata la salma nella tomba e benedetta. Giulio, 28 anni, era già un riferimento per i giovani del paese, come hanno ribadito le commosse testimonianze alternatesi sull'altare. "Grazie Giulio, per avermi insegnato tante cose. Resta nel mio cuore l'energia del tuo pensiero. Il tuo pensiero, per amare, comprendere, costruire tolleranza. Con affetto, la mamma". È stato questo il messaggio di Paola Regeni, letto sull'altare da un ragazzo.
"Grazie per questo compito di testimonianza. Grazie, grazie e ancora grazie", aveva detto in precedenza il parroco, don Luigi Fontanot, amico del giovane. Con lui sull'altare c'era padre Mamdua, il prete copto che ha impartito la prima benedizione al corpo, al Cairo, dopo il ritrovamento. "Giulio è il capro espiatorio che libera il Barabbas che ancora non conosciamo". Gli ha fatto eco il sindaco, Ennio Scridel: "Un incubo inimmaginabile", ma "questa storia non finisce qui". Fiumicello per una giornata è crocevia internazionale: nella chiesa-palestra al microfono parlano in italiano o in inglese, docenti di Cambridge, studiosi del mondo, ragazzi. I genitori, seduti in prima fila, ascoltano, ammutoliti dal dolore. La loro volontà è rispettata: pochi fiori, le personalità giunte a titolo personale - Casini, Serracchiani, l'ex presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Tondo - nessuna bandiera o slogan. Affetto e dolore. Nemmeno la corona del Quirinale è entrata: la famiglia aveva deciso per funerali non di Stato e ha declinato. Al funerale c'era anche il pm romano Sergio Colaiocco, titolare dell'inchiesta, che ha approfittato dell'occasione per ascoltare amici e conoscenti del giovane. Testimonianze necessarie per ricostruire una vicenda che ha ancora molti punti oscuri.
Proprio ieri si è appreso, ad esempio, che il ricercatore sarebbe stato identificato dalla polizia egiziana prima del 25 gennaio, quando ne fu segnalata la sparizione: lo hanno riferito alcune persone la cui attendibilità è ora oggetto di verifiche da parte degli inquirenti. Al Cairo, invece, la Procura ha interrogato il conducente di minibus che trovò il corpo e gli investigatori oltre 300 persone i cui nomi erano contenuti nella rubrica telefonica di Giulio, mentre il sito Al Masry Al Youm scrive che l'ultimo punto in cui il cellulare è stato segnalato attivo è "su Via Sudan", un'arteria lunga almeno 7 chilometri ma che in un tratto si trova a circa 200 metri dalla stazione della metropolitana "El Behoos", a sua volta vicina (250 metri) all'appartamento in cui abitava il giovane. Il punto in cui, secondo un altro testimone, Giulio sarebbe stato prelevato da alcuni agenti in borghese. Mentre la società civile si mobilita e il Guardian parla di "spirale autoritaria" in Egitto, la classe politica italiana continua a chiedere la verità. Lo fa per primo il premier Renzi: "Agli egiziani abbiamo detto: l'amicizia è un bene prezioso ed è possibile solo nella verità"; vogliamo che "sia fatta verità e siano presi i colpevoli veri".
Rafforza la richiesta da Palermo il ministro dell'Interno Alfano, mentre da Monaco l'Alto rappresentante dell'Ue per gli Affari Esteri Federica Mogherini rende noto un incontro con il ministro egiziano Sameh Shoukry in cui ha fatto presente la "grandissima apprensione di tutta l'Europa per quello che è accaduto", una vicenda "non accettabile". Con lo stesso Shoukry e con le stesse richieste aveva parlato ieri il ministro degli Esteri Gentiloni. La presidente della Camera, Laura Boldrini, incalza e invita a non nascondersi dietro il facile paravento dell'Isis, "per Giulio e per tutte quelle persone che hanno subito la sua stessa sorte di cui non si sa più niente". Finora "quanto fornito è quantomeno contraddittorio". Semplicemente perché, come era scritto su un cartello trovato davanti a una chiesa di Fiumicello, quello che è accaduto "non è giusto".