Emmanuel Macron, eletto presidente francese il 7 maggio, è in realtà meno esordiente di quanto possa sembrare a prima vista. E’ probabilmente il più ferrato tra i Sette sulle questioni economiche e monetarie e l’indispensabile coordinamento tra i più ‘ricchi’. Una delle principali ragioni che avevano spinto nel 1975 il suo predecessore all’Eliseo e all’Economia e Finanze Valery Giscard d’Estaing a proporre ogni anno quelle che definì allora “chiacchierate intorno ad un caminetto” tra i sei più grandi, Italia compresa, al castello di Rambouillet, l’antenato dei successivi G7/G8, più ampi e più formali. Come per Theresa May, Paolo Gentiloni e Donald Trump, il G7 di Taormina è il primo per Emmanuel Macron. May e Gentiloni hanno una lunga carriera politica alle spalle, mentre Trump - come Macron - è finito immediatamente sul gradino più alto del podio senza aver mai partecipato prima ad una sola elezione in vita sua. Il percorso è però radicalmente diverso rispetto al tycoon americano e la sua fama di uomo di affari spregiudicato. Macron, che come la maggior parte dei servitori dello Stato francese ha studiato alla prestigiosa Ena, inizia la sua carriera nel più tradizionale dei modi: lavorando all’Inspection générale des Finances (Igf), l’organo di audit interno del Tesoro, che consiglia le autorità pubbliche. Lì conosce Jean-Pierre Jouyet, in futuro molto vicino a Jacques Delors (ministro dell’economia e delle finanze di François Mitterrand, poi presidente della Commissione europea e ‘padre’ dell’euro), e nel frattempo aderisce al Partito Socialista. Lo ritroverà anni dopo, nel 2014, quando François Hollande sceglierà Jouyet come segretario generale dell’Eliseo, due anni dopo aver nominato Macron vice-segretario della presidenza della Repubblica. Nel 2008, dopo l’elezione all’Eliseo del neo gollista Nicolas Sarkozy, Macron lascia la funzione pubblica e fa una scelta atipica: diventa banchiere di affari presso Rothschild & Cie, ed è responsabile nel 2012 di una delle più grosse operazioni dell’anno: la vendita alla Nestlé di una filiale della Pfizer. Nel 2014, dopo i due anni all’Eliseo, Macron diventa ministro dell’ economia e delle finanze di Hollande, sostituendo Arnaud Montebourg. Partecipa alle riunioni dell’Eurogruppo, ed è molto attivo nel salvataggio della Grecia, ad un passo da uscire dall’euro. Lo hanno ricordato, come molta enfasi nei giorni scorsi, sia il suo ex collega di Atene alle Finanze, Yanis Varoufakis, sia il premier greco Alexis Tsipras, scioccati di vedere la sinistra radicale francese così critica nei suoi confronti tra il primo turno e il ballottaggio delle presidenziali del 7 maggio. Centrista, Macron ha diversi punti in comune con Giscard, diventato presidente nel 1974 senza un partito ma con un movimento, e senza essere neo gollista o socialista ottenendo il voto di due elettori su tre. Come Giscard, Macron è un acceso europeista e uno strenuo difensore dell’euro. Per anni vicino ai socialisti di Mitterrand, Macron è anche ‘figlio’ di Delors, e premerà per una maggiore integrazione economica e monetaria dell’Eurozona, cui manca un’autorità di decisione politica, oltre a fare da trait d’union tra i più ortodossi, come tedeschi ed olandesi, e i paesi del sud.