(di Chiara Venuto)
Il femminicidio di Giulia Cecchettin
è stato uno spartiacque. Non solo nella sensibilità civile,
nella lotta femminista, nella storia italiana. Ma anche nel
giornalismo del nostro Paese. Nell'ultimo anno è stato fatto un
passo avanti nel modo in cui si parla di violenza di genere e di
femminicidi nei media, anche se c'è ancora tanto da fare. A
raccontare questo alla sede della Federazione nazionale della
Stampa italiana, a Roma, è stata Flaminia Saccà, docente
dell'università Sapienza e presidente dell'Osservatorio Step.
Ossia un osservatorio nato nel 2023 dalla collaborazione tra La
Sapienza, le Commissioni pari opportunità di Fnsi, Consiglio
nazionale dell'Ordine dei giornalisti e Usigrai, GIornaliste
Unite LIbere Autonome (GiULiA) e università della Tuscia.
Uno studio che, con un database di 50mila articoli pubblicati
tra 2020 e 2024, fotografa lo stato dell'arte. "Sulla stampa si
fa ancora fatica a puntare il dito verso l'uomo violento - ha
spiegato Saccà - troviamo ancora parole come raptus o i suoi
equivalenti, anche se c'è un miglioramento rispetto alla prima
fase dell'osservatorio". Lo studio ha rilevato che anche se dai
dati ufficiali il principale reato contro le donne sono i
maltrattamenti in famiglia (il 50% di quelli denunciati), mentre
il 35,83% è costituito da atti persecutori, il 13,86% da
violenze sessuali e lo 0,29% da femminicidi, diversa è la
rappresentazione sui giornali. Trova più spazio il femminicidio
(22,2%), seguito da violenza sessuale (19,4%), domestica
(17,8%), lesioni personali (15,9%), stalking (5,8%), molestie
sessuali (2,9%), revenge porn (2,4%), tratta (1,6%).
Cambia anche il modo in cui se ne scrive, dato che ci sono
più articoli non strettamente di cronaca che affrontano il tema.
Nei titoli quasi sempre il virgolettato è quasi sempre
dell'aggressore o di chi lo difende, il che favorisce una forma
di 'himpathy', ovvero l'empatia nei confronti dell'uomo. Nel
caso del maltrattante, di solito si parla del suo ruolo
professionale o della provenienza, mentre per la vittima ricorre
la caratterizzazione anagrafica. La testata che riporta più di
frequente reati contro le donne è Il Messaggero, quella a
raccontarne di meno è il Secolo d'Italia.
Dai dati è partito un lungo dibattito tra i presenti, nel
corso del quale si è parlato anche di quanto fatto finora, del
manifesto di Venezia, dell'inchiesta Irpimedia sulle molestie
nelle scuole di giornalismo. È stata rilanciata la proposta di
corsi dedicati alla violenza sulle donne nelle scuole
dell'Ordine e la possibilità di domande sull'argomento anche
all'esame professionale.
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