L'ultimo messaggio l'aveva postato un giorno fa, in occasione della Befana, quasi una premonizione: "Dio ti aspetto". E dopo 24 ore ha aperto la finestra della sua casa, un appartamento al quarto piano in via Cantore nel quartiere Sampierdarena a Genova, e si è lanciata nel vuoto. Un gesto tragico seguito poco dopo da quello della sorella. La prima, 32 anni, è morta mentre la seconda, 36 anni, è ricoverata in gravissime condizioni all'ospedale San Martino. Il tutto mentre in casa c'erano i quattro figli della donna più giovane più giovane.
Dietro la tragedia, su cui indaga la squadra mobile, potrebbe esserci l'affidamento dei bambini, per cui era fissata una delle ultime udienze venerdì. Un contesto familiare problematico che forse ha spezzato l'equilibrio emotivo della donna di origini albanesi. Il dramma si è consumato poco prima delle 8. I vicini hanno sentito un tonfo e dei gemiti: si sono affacciati e dopo avere visto il corpo a terra hanno avvisato la polizia.
Mentre attendevano l'arrivo della volante, hanno notato un'altra donna - che poi gli investigatori hanno accertato essere la sorella della vittima - sul cornicione e le hanno urlato di non buttarsi, ma lei non li ha ascoltati e si è lasciata cadere. Sul posto sono arrivati il personale del 118, con l'automedica, i vigili del fuoco e le volanti. I medici hanno constatato il decesso della più giovane mentre hanno stabilizzato e intubato la più grande, prima di portarla in ospedale.
Le due donne, hanno raccontato i vicini di casa e i parenti, erano molto legate e vivevano insieme. E questo legame così stretto potrebbe avere spinto la più grande a seguire la sorella buttandosi nel vuoto, nonostante le urla di chi le diceva di non farlo. Quando gli agenti sono arrivati c'erano in casa i quattro figli della trentaduenne: il più grande ha otto anni, l'ultimo due anni. L'appartamento era chiuso dall'interno con un chiavistello e sono stati i bambini ad aprire agli agenti. La donna era separata dal marito che aveva anche denunciato in passato per maltrattamenti. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori della mobile, diretti dal primo dirigente Carlo Battelli, anche lui l'aveva contro denunciata. L'ex, operaio edile, alla fine di un primo procedimento era stato condannato a quattro mesi con la condizionale per sequestro di persona (l'aveva chiusa in casa, ma secondo la versione dell'uomo lo aveva fatto solo perché stava sistemando la porta), e assolto dall'accusa di lesioni. Era stato sottoposto al divieto di avvicinamento che poi era finito. Un procedimento per maltrattamenti, invece, è ancora aperto ed è al dibattimento: per questo un secondo divieto di avvicinamento era ancora in vigore. Entrambi i provvedimenti non sono mai stati violati.
Secondo quanto emerso, però, non si trattava di maltrattamenti fisici ma psicologici. L'uomo, di fede musulmana, era molto rigido: voleva che la moglie indossasse il velo, che non guidasse mentre la donna voleva più libertà. Per questo c'erano stati più volte litigi ed erano anche intervenuti i carabinieri.
Ma ciò che turbava di più la vittima era l'udienza di venerdì.
Una scadenza, secondo quanto riferito dai parenti agli investigatori, che avrebbe ingenerato uno stato di crescente ansia. Nell'ultima udienza dello scorso dicembre, la moglie aveva acconsentito che i bambini restassero durante tutte le vacanze di Natale con il padre e con lo zio paterno, che li ha poi riportati a casa il giorno dell'Epifania. I bambini da mesi erano seguiti dai servizi sociali che avevano concordato da tempo i pernottamenti a casa del padre.
Gli inquirenti, coordinanti dal pubblico ministero Luca Monteverde, stanno facendo accertamenti sulle condizioni psichiche delle due sorelle. Il pm ha disposto l'autopsia.
Adesso, il tribunale per i minorenni dovrà decidere a chi affidare i quattro fratellini ancora ignari di quanto successo alla mamma e alla zia.
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