Fu una 'concezione personale ed
etica del diritto alla salute' a spingere l'ex direttore
generale della Sanità della Lombardia Carlo Lucchina ad impedire
che ad Eluana Englaro fosse interrotto il trattamento che la
manteneva in stato vegetativo.
Lo scrive la Corte dei Conti che ha condannato in appello
Lucchina a pagare all'erario circa 175 mila euro che la Regione
aveva dovuto risarcire a Beppino Englaro, che era stato
costretto a trasferire la donna in una struttura sanitaria in
Friuli dove morì. La notizia è riportata nella pagine milanesi
de 'Il Corriere della Sera': "Non è stata un'obiezione di
coscienza, ma sono state applicate le direttive arrivate anche
dell'Avvocatura regionale", ha detto l'ex dg che valuterà se
ricorrere in Cassazione.
Eluana morì il 9 febbraio nel 2009 a 39 anni, 17 dei quali
trascorsi in stato vegetativo irreversibile dopo un gravissimo
incidente stradale. L'anno prima, suo padre Beppino si era visto
negare la possibilità di interrompere l'alimentazione
artificiale che teneva in vita sua figlia dal dg Lucchina
nonostante nel 2007 la Cassazione avesse stabilito che ciascun
individuo può rifiutare le cure alle quali è sottoposto se le
ritiene insostenibili e degradanti, e nel 2008 la Corte
d'appello di Milano su questa base aveva autorizzato la
interruzione del trattamento. Quando Beppino Englaro, in qualità
di tutore, chiese la sospensione dell'alimentazione per la
figlia, il dg firmò una nota la quale diceva che le strutture
sanitarie si occupano della cura dei pazienti, il che comprende
la nutrizione, e di conseguenza i sanitari che l'avessero
sospesa sarebbero venuti "meno ai loro obblighi professionali".
Englaro si rivolse al Tar che accolse la sua richiesta, ma la
Regione non diede corso alla sentenza e un mese dopo Eluana morì
in una struttura di Udine dove furono fermate le cure. La
Regione fu condannata a pagare circa 175 mila di euro per i
danni subito dalla famiglia Englaro. Da qui il procedimento
davanti alla Corte dei Conti per Lucchina.
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