Non solo i sanitari del
Dipartimento di Prevenzine dell'Area vasta 2 di Pesaro. Papa
Francesco ha telefonato oggi anche alla fidanzata e alla madre
di un paziente, di 30 anni, che si chiama come lui, Francesco.
L'assistente sanitaria, Irene Mercuri, che aveva scritto al
pontefice, gli aveva chiesto di pregare per quel giovane,
colpito duramente dal coronavirus: "più volte ha rischiato di
non farcela" racconta la psicologa del Dipartimento di
prevenzione dott. Clizia Pugliè. "Un caso simbolo delle
sofferenze dei nostri pazienti - aggiunge -. La lettera è
partita intorno al 20 aprile, per noi era un periodo clou
dell'epidemia, Abbiamo saputo che il papa l'aveva ricevuta e
questo per noi era sufficiente, una consolazione per la
famiglia". Poi, poco prima delle 16 di oggi la telefonata, al
numero fisso indicato nella lettera. "Sono Francesco, il Papa"
ha detto dall'altro capo del filo una voce che ha lasciato
sbalordite le operatrici che erano in quel momento nella stanza.
"Ma come faccio a essere sicura che sia il Papa?" ha chiesto
Irene. "Chiedimi qualcosa in latino..". Ma l'assistente
sanitaria non ricordava neanche una parola del latino studiato a
scuola. Comunque sia, c'è stata una chiacchierata "colloquiale"
dice Puglié, ascoltata anche dagli altri grazie al viva voce.
Tanto che Irene ha chiesto al pontefice di telefonare anche ai
familiari del suo omonimo "per incoraggiare anche loro", cosa
che il Papa ha fatto dopo essersi fatto dare il numero di
telefono. "Non l'ho neppure chiamato 'santità'" si è rammaricata
Irene, una volta abbassata la cornetta. "Ha detto che siamo
degli eroi - osserva la dott, Puglieè - ma io credo che i veri
eroi siano i nostri pazienti. Noi ci occupiamo dei tamponi,
della quarantena e ovviamente anche dell'assistenza
psicologica, insieme ad una rete di psicologi dell'emergenza,
molti dei quali volontari". Al Dipartimento di Prevenzione
dell'Area Vasta 1, il lavoro, spesso in condizioni durissime "ha
creato un forte spiriti di squadra, un aspetto positivo in mezzo
a tanto dolore".
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