TORINO - Un festival "inquieto, vitale" che "come un essere vivente è ricco di segni stratificati, che rimandano a tempi, situazioni, emozioni e ricordi e in cui troviamo tanti racconti possibili, che si intrecciano alla nostra vita sociale e ai nostri sentimenti personali e toccano diverse sensibilità". A descrivere così il Festival Torinodanza 2016 è il suo direttore artistico, Gigi Cristoforetti, che dal 2007 ha impostato un modello che sta fra il festival e la stagione.
Il festival guarda all'attualità, al mondo contemporaneo e alla sua storia. Lo fa ad esempio con lo spettacolo inaugurale che porta a Torino la più importante compagnia israeliana, spesso oggetto di contestazioni, la Batsheva Dance Company. "Sotto quel nitore straordinario, quel dinamismo scatenato - dice Cristoforetti - c'è sospesa la storia di un conflitto capace di assurgere a dimensione emblematica. E quella lancinante bellezza estetica è una risposta d'artista alle contraddizioni di un pezzo di mondo straziato da dolori politici, umani, sociali e per certi versi vicino a noi, più di quanto pensiamo". Cristoforetti si chiede quindi se ci saranno ancora davanti al teatro, come nel 2012, "le urla e la rabbia di chi pensa che l'arte non possa insegnarci la convivenza, ma che debba essere al servizio di un'ideologia? Ciascuno la pensi come vuole - aggiunge - noi siamo convinti che una coreografia, meravigliosa, abbia a che fare con il nostro lato migliore e che, nell'ambito della liberà d'espressione, l'arte abbia un posto speciale".
Ritorni, nuovi incontri, "esordi fulminanti", questo il Torinodanza di Cristoforetti che ricorda "la nostra prima collaborazione produttiva con MiTo SettembreMusica: e nei prossimi anni - assicura - questi incroci tra creazione coreutica e musicale proseguiranno".
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