"Un 8 marzo che proietti la parità di genere verso battaglie sociali concrete, non più ideologiche o di forma, ma di sostanza e di vera svolta". L' appello giunge da Silvana Maniscalco, presidente del Centro Antiviolenza Donna Ceteris. "La battaglia per i diritti e la parità di genere approda ad un punto di svolta: contrastare le diseguaglianze mediante una nuova politica del lavoro e nuovi investimenti nell'istruzione", scrive in una nota. Occupazione e conoscenza, dunque, come elementi prioritari di una sfida culturale, civica e ideale che deve coinvolgere uomini e donne, enti, istituzioni e attori pedagogici.
La presidente spiega come la pandemia abbia messo in luce uno scenario allarmante: in Italia il tasso di occupazione femminile è sceso dal 50,4% del 2019 al 48,9% del 2020. Una crisi che ha messo in cassa integrazione circa un milione e mezzo di donne.
L'ultima ricerca Ipsos, per WeWorld, rivela che negli ultimi dodici mesi per il 60% delle donne c'è stata una riduzione del 20% delle proprie entrate. Tra le tante disoccupate, poi, una su quattro dichiara che, a causa del Covid, ha dovuto rinunciare a cercare un'occupazione.
A pesare è anche il rapporto fra la gestione della famiglia e il carico di lavoro in periodo pandemico. Nel secondo trimestre 2020 ad aver lavorato più spesso da casa sono state soprattutto le donne (23,6% contro il 16,3% agli uomini). Non solo. Due donne su cinque hanno dichiarano di farsi carico, da sole, di persone non autonome (anziani e bambini). Sul fronte istruzione le ricerche condotte da WeWorld raccontano di un tasso di iscrizione alla scuola dell'infanzia che lascia a terra quasi il 12% dei bambini e delle bambine. Dati peggiori se rapportati alle prime scuole dell'obbligo: l'Italia è al 52esimo posto di una classifica che mette in fila 149 Paesi, con un tasso di iscrizione alla primaria del 95,66% contro il 99,88% della Norvegia (prima in classifica). Ma il punto più basso si raggiunge quando si confrontano i dati sulla spesa pubblica per l'istruzione in rapporto al Pil, un dato che in Italia vale solo il 3,83%, portando così il Paese a sprofondare al 92° posto in classifica.
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