"Ieri il Governo non ha ammesso l'emendamento proposto dalla presidente della Commissione Lavoro alla Camera con cui prevedeva una misura compensativa nella misura del 25% anche per l'acquisto di gas non naturale e di altri prodotti energetici sostitutivi laddove le carenze infrastrutturali impediscano l'approvvigionamento diretto di gas naturale. Ossia un intervento a favore delle aziende sarde che non possono usare il gas semplicemente perché in Sardegna non c'è ancora. In questi ultimi tempi si è parlato tanto di insularità. È il caso che dalle parole si passi ai fatti perché, a questo punto, si rende necessario far sentire la nostra voce".
E' la denuncia di Cgil, Cisl e Uil del Sulcis che proprio in questi giorni sono mobilitati per cercare di salvare 1500 posti di lavoro alla Portovesme srl, in crisi proprio per questioni legate agli alti costi dell'energia. E così è stato anche deciso che la mobilitazione si sposterà a Roma per ottenere un incontro al Ministero della Transizione Ecologica.
"Tutti quanti siamo penalizzati due volte. Se un'azienda come la Portovesme srl fosse a Brescia piuttosto che a Sassuolo andrebbe a risparmiare 50 milioni di euro all'anno in costi energetici grazie a strumenti non applicabili in Sardegna - osservano le sigle - chiediamo stessi interventi per poter avere la stessa competitività".
Ieri, durante un incontro in fabbrica a Portosvesme, la vice ministra al Mise Alessandra Todde ha spiegato che la "situazione è preoccupante perché siamo di fronte ad un'azienda che fino all'anno scorso era sana e parlava di investimenti e che la crisi energetica ha reso fragile costringendola e mettere in cig metà delle maestranze. Il tema energetico va risolto in maniera estesa, nella misura in cui c'è una sostanziale differenza tra fare impresa in Sardegna e in altre parti d'Italia".
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