"La speranza è che i vini della cantina di Cremisan un giorno possano unire Palestina e Israele". Un auspicio per Fadì Batarseh, enologo della cantina fondata dai Salesiani nel 1885 in Terra Santa, laureato in Italia, ospite del congresso nazionale di Assoenologi che si chiude oggi a Cagliari.
"La cantina - racconta all'ANSA - si trova di fatto sul confine, a cinque chilometri da Betlemme e 12 da Gerusalemme, il momento che stiamo vivendo non è ovviamente facile. La guerra impedisce ogni mercato, non riusciamo a vendere i nostri vini".
L'esperienza di Batarseh ha conquistato l'attenzione degli enologi italiani. "Le nostre vigne si trovano sia in territorio palestinese che israeliano e acquistiamo uve da contadini che vivono sia in Palestina che in Israele. Questo - sottolinea l'enologo -, oltre a crearci qualche difficoltà, ci dà anche la speranza che un giorno tornerà tutto un unico Paese, senza confini e senza problemi". Per lui "il vino per sua natura è qualcosa che unisce, quindi speriamo che anche in questo caso possa essere veicolo di pace".
I vini prodotti dalla cantina di Cremisan nascono anche da varietà autoctone e "questo dà molta identità al nostro territorio", chiarisce Batarseh che tiene a mettere in luce la missione della cantina stessa: "Così come era nata, tutt'oggi lo scopo è sostenere la missione Salesiana in tutto il Medio Oriente".
Ora la guerra sta bloccando il percorso intrapreso alla fine dell'Ottocento. "Non riusciamo a vendere nemmeno una bottiglia del nostro vino - ribadisce l'enologo - I turisti non arrivano più e anche l'export è davvero molto complicato".
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