Gambero rosso premia 17 vini
sardi con i tre bicchieri. Quasi una ventina di etichette hanno
quindi ottenuto il massimo riconoscimento della guida Vini
d'Italia 2025. La nuova edizione presenta delle novità, con
quattro nuovi ingressi.
Per la prima volta salgono sul podio il Cagnulari di Giovanna
Chessa, il Cannonau Mustazzo di Sella & Mosca, il Cannonau
ogliastrino Case Sparse di Pusole e il Vermentino di Gallura
Pietraia di Tenute Gregu, un bianco che esce a ben tre anni
dalla vendemmia. Completano l'elenco le conferme Angialis '19
Argiolas; Cannonau di Sardegna Cl. Dule '21 Giuseppe Gabbas;
Cannonau di Sardegna Le Anfore '22 Olianas; Cannonau di Sardegna
Perda Rubia '21 Tenute Perda Rubia; Cannonau di Sardegna Ris.
'21 Antonella Corda; Carignano del Sulcis 6Mura Ris. '21 Cantina
Giba; Carignano del Sulcis Sup. Terre Brune '20 Cantina Santadi;
Mandrolisai Fradiles '22 Fradiles; Stellato Vermentino '23 Pala;
Su'Nico Bovale '22 Su'Entu; Vermentino di Gallura Sup. Sciala
'23 Surrau; Vermentino di Gallura Sup. Sienda '23 Mura;
Vermentino di Sardegna Tuvaoes '23 Giovanni Maria Cherchi.
I piu rappresentati sono i vitigni Cannonau, con sei
etichette e vermentino con cinque. "La viticoltura della
Sardegna, tra mare e montagna, la moltitudine dei vitigni,
perlopiù autoctoni o che comunque si sono perfettamente adattati
ai suoli dell'Isola, è incredibile", si legge in una nota di
Gambero Rosso che mette in evidenza la straordinaria diversità
di suoli, altitudini, microclimi. "Dal granito della Gallura al
calcare del Coros, dalle argille dell'Ogliastra alle sabbie del
Sulcis, per citare solo alcuni areali". A ciò si aggiungono
differenze climatiche importanti. "Alcune vigne in Barbagia e
nel Mandrolisai sono a più di 700 metri di quota - sottolineano
ancora - una vera viticoltura di montagna, mentre sono tanti i
filari a un passo dal mare. In più c'è il valore delle vecchie
vigne, ancora tante, nonostante gli espianti scellerati di
alcuni decenni fa".
Gli esperti della guida sottolineano come i vini sardi "non
sono semplicemente buoni, ma sempre più tipici, autentici e
capaci di raccontare il loro territorio di appartenenza. Per
questo è doverosa una revisione totale delle denominazioni
d'origine, soprattutto quelle regionali, generiche, dispersive e
non più rappresentative di ciò che avviene in questa regione".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA