Gli anni degli ultimi sequestri
di persona in Sardegna. Gli strani intrecci fra esponenti del
banditismo sardo e rappresentanti delle istituzioni. Riscatti
non pagati, fughe sospette, vendette, omicidi nella Barbagia
coinvolta in decine di rapimenti sino alla metà degli anni
Novanta. Di tutto questo indaga il fotoreporter Antonello
Zappadu nel suo ultimo libro "La rete. Un magistrato che credeva
d'esser Dio".
Zappadu, che ha diviso la sua professione tra la Sardegna e
il Sud America - dove, tra l'altro, ha realizzato importanti
reportarge sui trafficanti di cocaina - è balzato agli onori
delle cronache per aver fotografato Silvio Berlusconi, nella sua
residenza estiva di Villa Certosa, a Porto Rotondo, in compagnia
di giovani donne e vari capi di Stato o ministri. Le sue foto
"unofficial", dal 2007 al 2011, hanno fatto il giro del mondo.
Ma la prima notorietà mediatica di Zappadu arrivò in
occasione della liberazione del piccolo Farouk Kassam,
sequestrato dai banditi sardi nel gennaio 1992 e liberato l'11
luglio dello stesso anno. "A dispetto delle omissioni e dei
fasulli comunicati stampa dell'allora capo della polizia e del
ministro degli Interni - si legge nella quarta di copertina -
dette la notizia al TG1 della liberazione del bambino due ore
prima dell'ammissione 'forzata' da parte degli organi
ufficiali".
E proprio il sequestro Kassam riveste una parte fondamentale
del libro, così come il sequestro di Silvia Melis, avvenuto in
Ogliastra nel 1997, per il quale Zappaddu venne raggiunto da un
avviso di garanzia emesso dalla Procura di Lanusei. Al
fotoreporter, infatti, venne chiesto da un sacerdote, suo amico,
di recapitare un messaggio ai sequestratori. Fu accusato di
favoreggiamento in sequestro di persone, accusa poi archiviata
due anni dopo.
Nel 1996, sempre in Barbagia, Zappadu scampò ad un agguato
rispondendo personalmente al fuoco.
Il libro è dedicato a Beniamino Zuncheddu "innocente,
rinchiuso in una cella per 33 anni", l'allevatore di Burcei
accusato nel 1991 di aver ucciso tre persone e condannato
all'ergastolo, oggi libero dopo la revisione del processo che lo
ha assolto dalle pesanti accuse.
Protagonista del libro "il magistrato che credeva d'esser
Dio", Luigi Lombardini morto suicida l'11 agosto del 1998
all'età di 62 anni. Dopo il lungo interrogatorio dei magistrati
di Palermo competenti per territorio, poiché sospettato di
estorsione all'ingegnere Tito Melis, padre di Silvia, Lombardini
si chiuse nel suo studio nel palazzo di giustizia di Cagliari e
si tolse la vita sparandosi un colpo di pistola.
"Lombardini è stato per molto tempo il Giudice per
antonomasia - scrive Zappadu nel libro - Dalla fine degli anni
Settanta agli inizi degli anni Ottanta si susseguì una lunga
serie di sequestri, per un totale di quasi 80 ostaggi rapiti
dall'Anonima sarda". Da qui inizia il racconto di Zappadu che
ricostruisce le fasi degli ultimi sequestri di persona in
Sardegna, fino alla cosiddetta "Rete di Lombardini".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA