(di Francesco Nuccio)
(ANSA) - PALERMO, 21 MAG - Ventitre' maggio 1992. Una
giornata afosa a Palermo, preannuncio d'estate. Tutti ricordano
quel sabato maledetto e cosa stavano facendo. Io ero di turno
nella redazione insieme al collega Franco Viviano. Giornata
tranquilla, poche e di routine le notizie da Palermo: il
45/esimo anniversario della prima seduta dell'Assemblea
Regionale Siciliana; l'assalto di una banda di rapinatori
all'abitazione di una coppia di coniugi. Sulle reti ANSA
scorrono invece da Roma le cronache politiche relative alle
trattative tra i partiti per l'elezione del Capo dello Stato. La
notizia che avrebbe cambiato di colpo non solo la giornata ma
anche la storia d'Italia si materializza alle 17.58, attraverso
la radio collegata con le frequenze delle forze dell'ordine.
Inizialmente si parla di un'esplosione, avvenuta forse nel
cementificio di Isola delle Femmine, a due passi da Capaci. Poi,
con il passare dei minuti e l'arrivo delle prime volanti, le
conversazioni diventano, via via, sempre più concitate. ''C'e'
stato un attentato. Ci sono morti e feriti, e' un inferno...''.
A un certo punto la centrale operativa della Questura parla di
una ''nota personalita''' coinvolta. Il nome di Giovanni Falcone
non viene mai pronunciato, ma non ci vuole molto per capire che
è proprio lui la ''nota personalita''' che si trova su
un'ambulanza diretta verso l'ospedale. Io e Franco ci dividiamo
i compiti: lui rimane in redazione per passare i primi flash
d'agenzia, io corro in moto verso Capaci. Ma l'ingresso
dell'autostrada e' chiuso al traffico per consentire il
passaggio dei mezzi di soccorso e delle forze dell'ordine.
Bloccato in auto c'è anche il nostro fotografo Franco Lannino,
lo carico sulla moto e insieme cerchiamo di raggiungere Capaci
dalla statale, che procede parallela all'autostrada. Superiamo
lunghissime code di auto che intanto si sono formate. Allo
svincolo di Isola delle Femmine imbocchiamo una strada che
costeggia l'A29, ci indirizzano gli elicotteri che volteggiano
sopra di noi ed i lampeggianti delle auto delle forze
dell'ordine. Raggiungiamo così la zona dell' agguato, saliamo a
piedi su un terrapieno e ci 'affacciamo' dal bordo
dell'autostrada. Quello che si presenta all'improvviso è una
scena che mi lascia senza fiato, non per la polvere che ancora
si respira o per l'odore acre dell'esplosivo ma per lo sgomento.
Un tratto di autostrada non c'e' piu', ''cancellato'' da 500
chili di tritolo piazzati in un cunicolo che hanno sventrato
l'asfalto aprendo una voragine di alcune decine di metri. Ai
bordi di questo ''cratere'' si muovono come fantasmi gli
investigatori. Non ci sono ancora troupe televisive ne' altri
giornalisti. Lannino comincia a scattare le prime immagini che
poco dopo saranno trasmesse dall'ANSA su tutti i circuiti
internazionali. L'automobile che apriva il corteo blindato, una
Fiat Croma marrone con tre agenti di scorta, investita in pieno
dall'onda d'urto, e' stata catapultata a un centinaio di metri
di distanza. I vigili del fuoco sono al lavoro con cesoie e
fiamma ossidrica per estrarre i corpi dei tre uomini di scorta,
ancora imprigionati tra le lamiere. La vettura su cui viaggiava
Falcone, una Fiat Croma di colore bianco, appare invece come
sospesa sull'orlo della voragine. Il magistrato e la moglie,
Francesca Morvillo, spireranno poco dopo in ospedale. Sul
teatro dell'attentato cominciano intanto ad arrivare i
responsabili degli uffici investigativi e giudiziari, molti dei
quali erano alla cerimonia d' inaugurazione della Fiera del
Mediterraneo. Nessuno di loro ha la forza di dire una parola.
Urlano di rabbia invece i colleghi degli agenti dilaniati dall'
esplosione: ''Bastardi macellai...''. Un altro agente piange
come un bambino davanti all'auto dove sono imprigionati i corpi
dei suoi colleghi. Tutto intorno al cratere dell'esplosione è un
panorama di morte e devastazione: frammenti di asfalto e pezzi
di lamiera delle automobili sono sparsi nel raggio di 500 metri.
Il boato e' stato udito a chilometri di distanza. Un attentato
spaventoso. Provo a dettare le prime notizie da Capaci ma e'
impossibile. I cellulari sono muti, cosi' come il telefono fisso
di una fabbrica vicina: l'esplosione ha tranciato le linee
elettriche e telefoniche della zona. Torno di corsa a Palermo in
redazione e comincio scrivere il pezzo che non avrei mai voluto
scrivere: "Per uccidere Giovanni Falcone è stata utilizzata una
tecnica libanese...". (ANSA).