di Gaetana D'Amico
"Non esiteremo ad agire contro i terroristi dell'Isis in Iraq o in Siria, ma questa non é una guerra dell'America contro l'Isis. E' il mondo contro l'Isis". Il presidente Usa, Barack Obama, sceglie il consueto discorso settimanale per tornare a parlare agli americani della minaccia dello Stato islamico. Dopo che il Senato Usa ha dato l'ok definitivo allo sblocco di 500 milioni di dollari, necessari per addestrare e armare i ribelli siriani dell'opposizione moderata, si attende la seconda fase dell'offensiva contro i jihadisti. Il presidente Usa parlerà anche all'Onu, la prossima settimana, di lotta contro l'Isis con l'obiettivo di ottenere una coalizione ancora più ampia, di quella attuale, una quarantina di paesi.
"Dallo scorso mese, sono stati condotti 170 raid contro i terroristi in Iraq. E ora la Francia si è affiancata a noi in questi attacchi aerei", ha detto il presidente. Poi ha confermato: "Non impegnerò i nostri soldati in un'altra guerra in Iraq o in Siria. E' molto più efficace sfruttare le nostre capacità per aiutare i partner sul terreno, garantire il futuro del loro Paese. Useremo la nostra potenza aerea, addestreremo e forniremo attrezzature ai nostri partner". "Daremo assistenza e consigli. E guideremo una coalizione allargata di Paesi che hanno un interesse in questa lotta", ha aggiunto Obama. "Il programma di assistenza - ha poi precisato Susan Rice, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca - sarà condotto fuori dalla Siria, in partnership con i Paesi confinanti che hanno già aderito". Alla coalizione, ha ricordato il presidente Usa, partecipano oltre 40 Paesi e a questi, forse, potrebbe aggiungersi anche Ankara dopo la liberazione di 46 ostaggi turchi sequestrati lo scorso giugno dall'Isis a Mosul. Una fonte degli 007 ha detto che non è stato pagato riscatto, né c'è stato uno scambio di prigionieri, fatto questo che potrebbe essere anche interpretato come un 'ringraziamento' dei terroristi ad Ankara per non aver preso parte alla coalizione guidata dagli Usa. Sulla posizione dell'Iran invece, che ha già respinto la richiesta di cooperazione avanzata dagli Usa per combattere i jihadisti, e' tornato a parlare il segretario di Stato Usa, John Kerry. "Tutti hanno un ruolo per distruggere l'Isis, anche l'Iran", ha detto. E oggi, in un incontro a porte chiuse con il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, lo stesso segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha invitato Teheran a essere "costruttivo" nel contrastare "gli estremisti" islamici.
Dal canto suo il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin ha ribadito che i cristiani perseguitati dai fondamentalisti debbono poter tornare nei loro Paesi. "C'é un lavoro diplomatico da portare avanti per fermare la barbarie e permettere ai cristiani di tornare nelle loro case e riprendere la loro vita normale in tutta sicurezza", ha detto all'Osservatore Romano. Rimane certo che la minaccia dell'Isis rischia di far passare in secondo piano gli altri argomenti 'caldi' (ebola, nucleare iraniano) di cui si parlerà all'assemblea dell'Onu la prossima settimana. Anche perche' Obama ha già fatto sapere che continuerà "a mobilitare il mondo contro questa minaccia" proprio durante l'Assemblea, nel tentativo di allargare la coalizione. "Questa non e' solo la guerra dell'America, non sono gli Usa contro l'Isis. Questo e' il popolo della regione contro l'Isis. E' il mondo contro l'Isis", ha detto ancora una volta il presidente americano.
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