La sentenza con la quale i giudici d'appello hanno 'certificato' l'assoluzione di chi era stato accusato di avere una responsabilità nella morte di Stefano Cucchi, costituisce l'ultimo tassello di una storia iniziata nel 2009, quando il giovane geometra romano fu arrestato per droga. Una storia giunta ad un'assoluzione in appello che ha ribaltato il giudizio di primo grado che aveva registrato la condanna di sei medici.
Era la notte del 15 ottobre 2009, quando Stefano Cucchi fu arrestato dai carabinieri perché trovato in possesso di sostanza stupefacente. Già nel cuore di quella notte si sentì male mentre era in caserma; tant'è che fu chiamata l'ambulanza, ma lui rifiutò di essere curato. Il giorno dopo fu portato in udienza, nel tribunale di Roma, per la convalida del suo arresto. Le sue condizioni portarono in tempi brevi a una peggioramento che lo fece finire al reparto detenuti dell'ospedale 'Pertini' di Roma.
Lì, una settimana dopo, all'alba del 22 ottobre, morì.
La storia processuale vide l'iscrizione nel registro degli indagati di dodici persone: sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria. Terribili le accuse mosse dalla procura capitolina: a vario titolo e secondo le specifiche posizioni, abbandono di incapace, abuso d'ufficio, favoreggiamento, falsità ideologica, lesioni ed abuso di autorità. Terribile la tesi accusatoria iniziale: per la procura, infatti, Cucchi era stato 'pestato' nelle celle del tribunale, in ospedale erano state ignorate le sue richieste e addirittura era stato abbandonato e lasciato morire di fame e sete. E' stato un processo impegnativo quello istruito davanti alla III Corte d'assise di Roma; un processo nel quale ci sono state decine di consulenze, una maxi-perizia, le dichiarazioni di quasi 150 testimoni.
Due anni di lavoro al termine dei quali i giudici arrivarono a una conclusione diversa da quella prospettata dai pm. Per la III Corte d'assise, in sostanza, Cucchi non fu 'pestato' nelle celle, ma morì in ospedale per malnutrizione e l'attività dei medici fu segnata da trascuratezza e sciatteria. Ecco perché decisero che gli unici colpevoli di omicidio colposo fossero i medici e mandarono assolti infermieri e agenti penitenziari.
In attesa del processo d'appello, la novità fu un maxi-risarcimento accordato alla famiglia dall'ospedale. A fine settembre, l'apertura del dibattimento durato ben sette udienze.
Le novità non sono mancate. Una fra tutte: il Pg Mario Remus ha chiesto il ribaltamento della sentenza di primo grado, aggiungendo alla condanna dei medici anche quella di infermieri e agenti. Per il Pg, in una frase, il 'pestaggio' Cucchi lo subì, ma dopo e non prima l'udienza di convalida del suo arresto; e poi, tutti ebbero una responsabilità nella morte, e andavano condannati. E la difesa? Tutti a sollecitare l'assoluzione dei propri assistiti, con un di più: la richiesta di nullità della sentenza di primo grado che ha cambiato l'imputazione con la restituzione degli atti al pm per riformularla.
Il 31 ottobre la Corte d'assise d'appello, dopo tre ore di camera di consiglio, ha emesso la 'sua' verità: tutti gli imputati assolti, indistintamente, 'perché il fatto non sussiste'. La formula? Quella che richiama la vecchia insufficienza di prove. Novanta giorni, e le motivazioni della sentenza saranno a disposizione.
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