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Lontano dagli occhi, Lampedusa spazio aperto

Lontano dagli occhi, Lampedusa spazio aperto

Iannacone racconta con Camilleri storie di naufraghi e salvatori

LAMPEDUSA, 03 ottobre 2016, 09:04

dall'inviato Michele Cassano

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Uno dei barconi in cui viaggiavano le vittime della strage del 3 ottobre 2013 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Uno dei barconi in cui viaggiavano le vittime della strage del 3 ottobre 2013 - RIPRODUZIONE RISERVATA
Uno dei barconi in cui viaggiavano le vittime della strage del 3 ottobre 2013 - RIPRODUZIONE RISERVATA

"L'isola è lo spazio più aperto che esista. Sembra chiuso da tutti i suoi lati dal mare, ma il mare non chiude, il mare apre". Nelle parole di Andrea Camilleri è racchiuso il senso del documentario 'Lontano dagli occhi', di Domenico Iannacone e Luca Cambi, che, proiettato in anteprima al Prix Italia di Lampedusa, andrà in onda domani, Giornata della memoria, alle 23.05 su Rai3, subito dopo la prima tv del documentario 'Fuocoammare'. Il lavoro di Iannacone è un viaggio nell'odissea dei migranti nel canale di Sicilia, attraverso immagini drammatiche, testimonianze e storie simboliche. Come quella di Vincenzo, umile custode del cimitero, che sull'isola ha dato sepoltura a corpi senza nome e che ancora oggi continua ad accudire la loro memoria. Storie che si confondono con la paura e il terrore, incisi nelle registrazioni concitate di chi chiede aiuto in mare aperto su barconi in avaria che rischiano di affondare. Ultimi disperati tentativi di rimanere attaccati alla vita. Così come la memoria rimasta imprigionata anche negli oggetti che i migranti portano con sé durante la traversata e che raccontano sogni, desiderio di vivere ed esistenze spezzate.

"Siamo di fronte a gente che scappa e che ha tutto il diritto di vivere, come ce l'abbiamo noi - dice Camilleri -. Il muro non è altro che la proiezione fisica del muro mentale che è in te. Non stanno tenendo lontani gli altri, c'è in un gesto simile la cecità del futuro". Poi ci sono i racconti di chi salva e di chi vuole conservare la memoria di chi è rimasto imprigionato in fondo al mare: il recupero del relitto di un peschereccio, uno dei più grandi naufragi del Mediterraneo con circa 800 morti o l'impegno di Cristina Cattaneo, l'anatomopatologa dell'Università di Milano, che insieme a tanti esperti e ricercatori sta cercando di dare un nome a quelle vittime. "Raccontiamo quella tragedia dal punto di vista di chi l'ha toccata per mano - spiega Iannacone -, di quelli che sono stati accoglienti, ma che hanno saputo anche dare un senso alla testimonianza di quello che è accaduto. Ora stanno cercando di capire chi sono gli immigrati che arrivano, i naufraghi che hanno salvato. Questo è un elemento fondamentale per capire ulteriormente, è un esempio più alto di accoglienza". "Abbiamo lavorato sulle tracce - prosegue -. Siamo andati a Augusta e abbiamo seguito Cristina Cattaneo, che sta facendo il riconoscimento del dna delle vittime, che è un aspetto che ha creato anche polemica. E' una questione di dignità: la dignità non si fa sul riconoscimento dei cadaveri, si fa sul rispetto dei vivi, di chi chi non ha ancora certezze sulla sorte dei propri cari".

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