"Mia madre è morta quando ha iniziato a fare qualcosa per la sua situazione..la cosa che oggi più mi manca di lei è il suo amore incondizionato, quello che solo la mamma ti dona, che non puoi ricevere da nessuno, come il suo abbraccio". Inizia con queste parole la testimonianza di un bambino, figlio di una donna uccisa dal compagno, raccolta dagli esperti che hanno condotto il progetto 'Switch off', il primo per il supporto degli orfani del femminicidio in Europa. In Italia è stato calcolato - ma sono cifre approssimative - che sono circa 1.600 gli orfani di vittime di femminicidio negli ultimi 14 anni.
"Penso spesso a papà e mamma. A papà vorrei chiedere: ti sei pentito di quello che hai fatto?", scrive un undicenne ascoltato dai terapeuti di Switch off. Per il progetto - che ha visto coinvolti il Dipartimento di Psicologia della Seconda Università di Napoli, l'Università Mykolas Romeris, la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Cipro e l'associazione nazionale D.i.Re Donne in rete contro la violenza - sono state condotte interviste a 123 orfani (maggiorenni) o ai loro affidatari, se minorenni.
"I dati che emergono sono terribili", spiega l'avvocatessa Titti Carrano, che ha fatto parte del progetto, ha contribuito ad elaborare le linee guida ed è stata presidente D.i.Re: "l'84% era presente al momento dell'uccisione o del ferimento del genitore, l'81% aveva una precedente storia di violenza assistita, il 57% non ha ricevuto alcun tipo di sostegno psicologico". Nel dicembre 2017 il Parlamento ha approvato una legge che mira a garantire a questi orfani una maggiore protezione: sono bambini e ragazzi che, oltre a subire il trauma della perdita di un genitore, spesso si trovano soli e senza tutele.
"La legge è sicuramente una grande conquista civile - spiega Carrano - ma ci sono alcune criticità: in tanti articoli si fa riferimento solo ai figli nati da "stabile convivenza" ma non ci sono solo loro. L'altra problematica sono i fondi: sono previsti 2 milioni di euro annui per il Fondo di solidarietà per borse studio, assistenza medico-psicologica ecc..cifre minime e non adeguate ai bisogno. Mancano poi i decreti attuativi e ci auguriamo che ci sia una uniformità di applicazione da parte delle Regioni: non possiamo creare orfani di serie A e serie B. Infine ancora oggi non si riconoscono nella loro gravità i danni da violenza assistita, una sottovalutazione che avviene sia da parte dei tribunali che del servizi sociali", conclude il legale.
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