Poco prima delle ore 14 del 9 maggio 1978 i fotografi dell’Ansa Rolando Fava e Antonio Cajone escono di corsa dall’ufficio. E’ appena arrivata la notizia del ritrovamento nel bagagliaio di un’auto di una persona morta. Potrebbe essere Aldo Moro. Del resto sono 55 giorni, dal 16 marzo, che seguiamo ogni segnalazione e ogni voce che riguarda il rapimento dell’uomo politico da parte delle Brigate Rosse dopo l’uccisione dei cinque uomini della sua scorta. L’auto, una Renault 4 rossa, è parcheggiata in Via Caetani, nel centro di Roma.
Antonio ha terminato il turno di lavoro. “Se non c’è niente di importante - mi dice - proseguo e vado a casa”. Non ho bisogno di dire ai miei due colleghi di non rimanere insieme, di dividersi ma, nella confusione che si crea in questi casi, non era una scelta scontata. Tanto è vero che quando il bagagliaio dell’auto viene aperto dalla Polizia, ad una finestra che si affaccia proprio sulla scena, ci sono solo tre fotografi. Uno è Rolando Fava.
Le sue foto, oltre alla pubblicazione sulla stampa italiana, fanno letteralmente il giro del mondo tramite le agenzie internazionali con le quali l’Ansa è storicamente collegata.
Le foto sono in bianco e nero. Proprio in quel periodo la nostra agenzia aveva avviato l’uso dei rulli a colore, sistema non ancora entrato però nelle abitudini.
La foto appena stampata del cadavere di Aldo Moro rannicchiato nel bagagliaio crea brividi.
Il redattore Alessio Valdarchi vuol diffonderla subito e la consegna a Sergio Trovarelli del reparto 'Telefoto', ma ritardiamo un paio di minuti per mostrarla al direttore. Sergio Lepri non mi dice niente. Con un cenno mi fa capire di non perdere altro tempo.
Scrivo questa nota 43 anni dopo, come responsabile del tempo di Ansa Foto, quale omaggio e riconoscimento alle doti professionali di Rolando Fava, di tutti i fotografi dell’Ansa, di tutti coloro con i quali ho avuto l’onore di lavorare per 17 anni. Un semplice atto d’amore.
Aggiungo la stima per Gianni Giansanti e Maurizio Piccirilli, ancor oggi mio amico: sono i due fotografi che, evitata la calca all’inizio di via Caetani, sono diventati autori di immagini che rimarranno fisse nella nostra memoria. Come Rolando Fava: pochi giorni dopo Sergio Lepri decise la sua promozione a capo servizio, ma lui nel frattempo era già entrato nella storia del giornalismo e della fotografia.