Sono passati vent’anni dal 20 luglio 2001 quando Carlo Giuliani, ragazzo genovese di 23 anni, viene colpito da un proiettile sparato da una camionetta defender dei carabinieri da Mario Placanica, 21enne di leva.
La posizione della famiglia Giuliani è nota: la ‘verità storica’ è diversa da quella della sentenza di archiviazione disposta dalla gip Elena Daloisio (maggio 2003) su richiesta del pm Silvio Franz, supportata anche da documenti, foto, filmati (sul sito carlogiuliano.it, sentenza inclusa). Parlare dunque oggi con il padre di Carlo, Giuliano, è anche ritornare su quei drammatici temi, di cui continua a chiedere conto.
Dopo vent’anni, però, Giuliani pone anche il tema delle mancate risposte al Paese. Resta la ferita di quel processo che non si è mai fatto: "Per Carlo, la cosa più grave, più di averlo ucciso, è stata l'archiviazione - dice all'ANSA -. Non è stato concesso neanche un processo. Non sempre, ma a volte, i processi consentono di raggiungere la giustizia, la verità di quello che è successo”.
“Rispetto ad altre cadenze, ad esempio il decennale, con questo ventennale dei fatti del G8 di Genova siamo in presenza di qualcosa che ha modificato l'atteggiamento generale nei confronti di quello che è successo 20 anni fa” racconta Giuliani padre, rifendendosi alle sentenze definitive sui fatti della Diaz e di Bolzaneto (l’ultima a Strasburgo, 2015).
“La sentenza di primo grado per la Diaz si era conclusa con ‘perquisizione legittima’ – ricorda -. Nel 2012 la Cassazione ha scritto che quello che è successo alla Diaz ha prodotto il ‘degrado dell’onore dell'Italia nel mondo’. Allora io mi permetto di fare questa riflessione: è vero che i tre gradi di giudizio servono anche per correggere le valutazioni, ma tra ‘perquisizione legittima’ e ‘degrado dell’onore dell’Italia nel mondo’ non ci sono correzioni. Questo apre una cosa importante: vuol dire che dentro la magistratura c’è gente, come quelli che dicono ‘perquisizione legittima’. E sono ancora lì a giudicare, a esercitare una delle cose più importanti che riguardano la vita di uno Stato. E allora, vogliamo cercare di affrontare questo problema e cercare di risolverlo?”.
"In piazza Alimonda, io il carabiniere che spara lo ignoro, o lo metto al gradino più basso della responsabilità dell’omicidio di Carlo. I primi sono quelli che comandavano quel reparto", dice ancora Giuliani rimettendo per l'ennesima volta in fila i fatti di quel 20 luglio 2001 (ne ha parlato anche ad Andrea Purgatori, 'Atlantide' su La7 in onda il primo luglio).
E allora, chiede Giuliani, perché la "manovra insensata" che avviene in piazza Alimonda? "A 20 metri ci sono 100 carabinieri: perché non intervengono a difesa della jeep? Perché vogliono vedere quello che succede?" "Perché hanno attaccato il corteo delle Tute Bianche, un corteo autorizzato, senza nessun motivo? E perché non hanno fermato quei delinquenti dei cosiddetti ‘black bloc’, che giravano tranquilli per Genova sfasciando vetrine, bancomat?” "Vogliamo intervenire sull’arma dei Carabinieri, forza armata del Paese? Perché i Carabinieri ormai fanno la guerra e quindi è difficile che possano fare la guerra e contemporaneamente esercitare funzioni di ordine pubblico".
“A Genova la repressione è stata molto forte e ha creato la crescita della sfiducia in organi fondamentali dello Stato. Un minimo barlume di verità sul clima che era stato creato l'hanno avuto le sentenze su Diaz e Bolzaneto, ma son avvenute 11 e 12 anni dopo. Ci sono voluti 12 anni perché finalmente si potesse sapere che la Diaz era stata una vergogna maggiore e perché si capisse che a Bolzaneto si torturavano le persone, come succede ancora oggi. Questo è il punto. Lo Stato lì è mancato, la dignità dello Stato non c'è stata. La capacità di uno Stato di riconoscere anche che pezzi fondamentali del suo esistere avevano sbagliato".
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