C'è anche il presidente della
Provincia di Vibo Valentia, Salvatore Solano, tra le 94 persone
indagate dell'inchiesta "Petrolmafie", troncone "Rinascita
2-Dedalo" coordinato dalla Dda di Catanzaro, ai quali è stata
notificata la chiusura indagini. Solano è cugino degli
imprenditori D'Amico e "la sua elezione - scrive la Dda di
Catanzaro - era stata favorita dal D'Amico Giuseppe, con il
quale era in costante contatto". I fratelli Giuseppe e Antonio
D'Amico sono accusati di associazione mafiosa perché ritenuti
imprenditori di riferimento dell'organizzazione criminale che
vede protagoniste le cosche vibonesi, capeggiate dalla famiglia
Mancuso, e la loro illecita ingerenza nel settore dei
carburanti.
In particolare Giuseppe D'Amico viene ritenuto "formalmente
affiliato già in passato legato alla cosca dei "Piscopisani" e,
più recentemente, uomo di fiducia dei Mancuso di Limbadi e di
Luigi Mancuso in particolare".
Giuseppe D'Amico e Salvatore Solano sono accusati di scambio
elettorale politico-mafioso perché "Solano, già sindaco del
Comune di Stefanaconi, avrebbe ricevuto ed accettato la promessa
di Giuseppe D'Amico, di procacciare voti nei Comuni di Vibo
Valentia, Capistrano, Filandari, Francica, San Nicola da Crissa,
Tropea ed altri nel corso della campagna elettorale per la
nomina del presidente della Provincia di Vibo Valentia in cambio
del proprio stabile asservimento agli interessi del D'Amico.
D'Amico avrebbe procacciato voti a Solano "contattando i singoli
elettori ed esortandoli reiteratamente ed insistentemente al
voto, anche utilizzando modalità intimidatorie", scrive l'accusa
nel capo di imputazione. Dal canto suo Solano avrebbe favorito
il cugino attraverso una serie di illeciti.
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