Oltre quarant'anni di servizio passati sulla prima linea tra i corridoi dell'ospedale Sacco di Milano. Da giovane medico, negli anni ottanta, ha iniziato la lotta contro l'Aids, curando ragazzi da una malattia che lasciava i pazienti e anche i medici, da soli. Massimo Galli, 70 anni, è andato in pensione nel novembre scorso. Da febbraio 2020, l'ex primario di Malattie infettive ha vissuto due anni sul fronte della pandemia nella regione più colpita, la Lombardia. Ed è diventato senza dubbio, anche con opinioni spesso controcorrente, uno dei medici più noti del panorama italiano grazie anche alla sua attività di divulgazione scientifica realizzata senza sosta con interviste tv, radio e sui giornali.
Nel secondo anniversario dalla scoperta del paziente 0, questo è il suo bilancio.
"Nel febbraio del 2020 - racconta all'ANSA - ci siamo trovati il nemico in casa senza nessuna consapevolezza. All'inizio c'è stato un problema di riconoscimento rapido della malattia, perché all'epoca non potevamo sapere che una larga percentuale dei positivi era asintomatico e si cercava sempre un collegamento con la Cina".
Com'è stata la risposta delle istituzioni nelle prime fasi dell'emergenza? "Sono stati fatti evidenti errori, che sono stati il frutto di una visione discutibile della sanità pubblica. L'epidemia ci ha raggiunti dopo decenni di tagli indiscriminati alla sanità e di mortificazione del concetto stesso di prevenzione tramite la medicina territoriale ed extra ospedaliera, persino nelle regioni in condizioni migliori dal punto di vista della sanità. Il nostro era un sistema sanitario scricchiolante e traballante a livello territoriale e che ha mostrato tutte le sue carenze quando è arrivata la pandemia".
Come valuta le decisioni prese in alcune fasi cruciali, come ad esempio la mancata chiusura della zona rossa in Val Seriana? "Fino al 9 di marzo quando viene deciso il lockdown in tutto il Paese, c'è un periodo cruciale di 19 giorni in cui alcuni interventi necessari non sono stati fatti. Un po' trasversalmente tutti i responsabili politici e amministratori ci hanno messo del tempo per capire la portata della cosa. Ma la decisione del lockdown da noi ha dato uno scossone incredibile in Europa, e ha segnato un cambiamento epocale dell'atteggiamento nei confronti del virus". C'è stato un momento in cui si è sentito scoraggiato? "Ci si scoraggia di fronte alla stupidità di alcuni interventi e agli atteggiamenti strumentali di una certa politica. Quando uno deve combattere di fronte a problemi reali combatte, ma quando ti trovi di fronte all'ignoranza e alla malafede è più dura, perché ti cadono le braccia".
La pandemia sta veramente finendo? "Certamente oggi ci troviamo in una situazione più sicura, grazie alle vaccinazioni e al numero di infezioni da Omicron che ha costituito un booster importantissimo delle vaccinazioni stesse. E' legittimo aprire molte cose, ma è fondamentale non dimenticare la lezione per andare verso un autunno più sicuro. Non dimentichiamoci che il virus continua a infettare la popolazione in giro per il mondo. Se ci va bene, la prossima variante sarà poco più di un raffreddore, ma nessuno si può permettere di agire oggi senza mettere in sicurezza il prossimo futuro".
Che tempi ci sono per le vaccinazioni nella fascia 0-5? Lei le consiglierebbe? "Verranno sdoganate a breve, ma temo che con l'atmosfera attuale molti diranno di no e questo francamente è sbagliato. Per quanto mi riguarda, io ho due nipoti di quell'età, quando sarà disponibile la vaccinazione proporrò, in maniera decisa, ai loro genitori di procedere. Io sono convinto che questa infezione è meglio non contrarla".