Cinquantamila dollari per ottenere il
"lasciapassare". Soldi che non erano però nella disponibilità
delle persone, tra cui l'ambasciatore Luca Attanasio e il
carabinieri Vittorio Iacovacci, che erano a bordo del convoglio
Onu fermato da un gruppo di banditi esattamente un anno fa, il
22 febbraio in Congo. Da qui il tentativo di rapimento finito
tragicamente. Dalle carte della Procura di Roma, che nelle
scorse settimane ha proceduto alla chiusura delle indagini nei
confronti di Rocco Leone, vicedirettore del Pam, il programma
alimentare dell'Onu e del suo collaboratore Mansour Rwagaza. Nei
loro confronti l'accusa è di omicidio colposo per non avere
rispettato i protocolli di sicurezza nella preparazione della
missione di Attanasio. Entro la metà di marzo i magistrati
romani dovrebbero procedere con la richiesta di rinvio a
giudizio.
E proprio nei giorni in cui l'indagine romana ha chiarito i
contorni dell'agguato arriva in libreria un volume in cui a
parlare è Zakia Seddiki, la moglie di Attanasio, la donna di
origine marocchina che il diplomatico aveva conosciuto in una
sua precedente missione in Marocco. "Quel giorno dovevo essere
insieme a Luca - rivela la donna -. Era una mattina
normalissima, come tutte le altre, avevo preparato le bimbe e le
stavo accompagnando a scuola in macchina. Luca era un sognatore
che guardava il mondo come un bel giardino, sempre con grandi
motivazioni, molto serio e preciso al lavoro: nonostante il viso
d'angelo, si arrabbiava molto se le cose non erano fatte con
correttezza e onestà".
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