Sono 214: donne, uomini, bambini
piccoli. Vengono da paesi in guerra: Somalia, Sudan, Eritrea,
Etiopia. Da anni tentano di raggiungere l'Europa, hanno
affrontato il viaggio nel Mediterraneo più volte, e più volte
sono stati intercettati dalla Guardia Costiera libica o
tunisina, riportati nei campi di prigionia libici, dove sono
stati torturati e tenuti sotto sequestro, o in Tunisia dove,
nonostante siano rifugiati, non hanno diritti.
Non hanno soldi, non hanno una casa. Alcuni sono riusciti a
scappare dalla Libia e arrivare in Tunisia a piedi. Da due mesi
protestano davanti alla sede dell'Unhcr a Tunisi, chiedendo che
vengano riconosciuti i loro diritti. A raccontare le loro storie
è l'ex presidente e portavoce di Mediterranea Alessandra
Sciurba, ricercatrice universitaria che si trova in Tunisia per
uno studio sui fallimenti della rivoluzione tunisina.
"Con la guerra in Ucraina l'Europa ha capito che è possibile
accogliere 4 milioni di profughi in poche settimane senza che
accada nulla di brutto. Perché queste poche migliaia di persone
che vengono da altre guerre vengono abbandonate ai confini di
una Europa che ha dimostrato di poter essere diversa e migliore
?", si chiede Sciurba che sottolinea la responsabilità
dell'Italia, che ha stretto accordi e finanziato le Guardie
Costiere libiche e tunisine, disinteressandosi delle sorti dei
profughi intercettati in mare dalle autorità dei due paesi
nordafricani.
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