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Marmolada: ghiacciai e turismo, la mappa dei rischi

Marmolada: ghiacciai e turismo, la mappa dei rischi

Esperto, i più fragili si trovano alle quote più basse

ROMA, 05 luglio 2022, 12:04

Enrica Battifoglia

ANSACheck

Una veduta aerea ripresa da un elicottero del ghiacciaio della Marmolada - RIPRODUZIONE RISERVATA

Una veduta aerea ripresa da un elicottero del ghiacciaio della Marmolada - RIPRODUZIONE RISERVATA
Una veduta aerea ripresa da un elicottero del ghiacciaio della Marmolada - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Il disastro sulla Marmolada è un campanello d'allarme non solo per lo stato di salute dei ghiacciai alpini, ma per il turismo che ha reso alcuni di essi delle mete irresistibili. Eppure, d'ora in poi, bisognerà fare i conti con il fatto che questi giganti di ghiaccio si stanno indebolendo, diventando sempre più instabili e fragili. "Tutti i ghiacciai sono in una fase di ritiro e questo è verso soprattutto per quelli che si trovano alle quote più basse, sotto i 3.500 metri, più sensibili all'innalzamento della temperatura", ha detto all'ANSA il glaciologo Massimo Frezzotti, dell'Università Roma Tre.
    Sono purtroppo numerosi i ghiacciai che si trovano al di sotto di questa soglia e molti di essi sono una frequente meta di escursioni. Il ghiacciaio della Marmolada, a quota 3,343 metri, rientra in pieno in questa categoria. Sempre sul versante orientale delle Alpi, una delle mete turistiche più popolari è il ghiacciaio dell'Adamello, nella Val Camonica; è il più grande delle Alpi italiane e si trova a una quota compresa fra 3.530 e 2.550 metri.
    Sempre in Trentino, una delle vette delle Pale di San Martino ospita il ghiacciaio della Fradusta, a quota 2.939 metri, da anni sorvegliato speciale per il suo progressivo ritiro. Nel gruppo dell'Ortles si trova in una quota a rischio (3.067) metri anche il ghiacciaio del Careser, e vicino al Passo del Tonale c'è il ghiacciaio Presena (a una quota compresa fra 2.700 e 3.000 metri).
    Spostandosi in Lombardia, fra i ghiacciai più fragili e più frequentati c'è quello di Forni, in Valtellina (circa 3.000 metri). Andando verso Est, in Piemonte il Monte Rosa ospita il ghiacciaio del Belvedere, che nasce a quota 4.400 per scendere fino a 1.800 metri, e che circa 20 anni fa ha cominciato a dare origine periodicamente a un piccolo lago. Per i glaciologi il Belvedere è uno degli esempi più eloquenti di come stiano accelerando i cambiamenti geologici e idrologici in alcuni ghiacciai. Danno segni di instabilità anche i ghiacciai di Bors e quello delle Vigne. Sono fragili anche alcuni dei numerosi e celebri ghiacciai della Valle d'Aosta, a partire dal più frequentato dai turisti, quello del Monte Bianco, che alla quota di 2.400 metri confluisce nel ghiacciaio del Miage. Sempre sul massiccio del Monte Bianco, il ghiacciaio della Brenva si trova a soli 1.700 metri di quota e quello del Brouillard, che scende fino a 2.000 metri, è noto per i suoi crepacci. E' celebre fra gli escursionisti anche il ghiacciaio del Freney, che ha il suo punto più basso a 2.335 metri. Nel massiccio del Gran Paradiso, nella Val di Cogne, ai piedi della Cresta Paganini scende il ghiacciaio del Coupé de Money (3.440 metri).
    "Non soltanto i ghiacciai, ma tutta l'alta montagna sta risentendo del cambiamento del clima", ha osservato Frezzotti.
    In particolare a dare un'instabilità generale è il modo in cui il suolo perennemente ghiacciato, il permafrost, sta risentendo delle temperature più alte. In particolare, studi condotti sul Monte Rosa e sul Monte Bianco indicano che negli ultimi 30anni la temperatura dei loro ghiacciai sia aumentata, mettendone a rischio la stabilità. Sono realtà che gli appassionati della montagna devono conoscere;si tratta di affinare la conoscenza di questo ambienti sempre meno stabili per capire se e quando è opportuno affrontare un ghiacciaio, anche se si tratta di una delle escursioni più semplici. 
   

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