Credersi onnipotente nel solco della tradizione di una mafia vincente e mostrarlo nei gadget e nelle immagini che si ispirano ai modelli cinematografici e letterari diffusi dal Padrino di Mario Puzo a 50 anni dalla sua proiezione nei cinema. Indizi di un profilo caratteriale quello di Matteo Messina Denaro, arrestato nei giorni scorsi dopo decenni di latitanza, analizzato da Gianluca Lo Coco, professore ordinario di Psicologia Clinica presso l'Università di Palermo e autore di vari saggi sul fenomeno mafioso.
"Nella nostra esperienza professionale e di ricerca, la conoscenza delle caratteristiche psicologiche degli appartenenti alle famiglie mafiose - dice il docente all'ANSA - è emersa tramite casi seguiti in consultazione o psicoterapia, interviste svolte con i collaboratori di giustizia, interventi sul territorio. In base ai pochi indizi di cui disponiamo dopo l'arresto del boss, mi ha colpito maggiormente la coesistenza di tradizione e modernità che sembra costantemente caratterizzare il mondo di Cosa Nostra".
Messina Denaro, sottolinea "rappresenta la tradizione di una mafia finora vincente, fatta di controllo assoluto del territorio, sostanziale impunità, infiltrazione nel mondo dell'economia legale, capacità di dialogo e collusione con parte della società: ovvero un padrino come lo sono stati Riina e Provenzano, con i quali Messina Denaro ha lungamente condiviso obiettivi e strategie criminali nei decenni passati". Ma i piccoli indizi che emergono dall'abitazione del boss a Campobello di Mazara "lasciano trasparire - aggiunge - anche un aspetto personale che sembra richiamare aspetti di un tipo di comportamenti maggiormente secolarizzato, la modernità dello stile di vita che non si richiama a quello gretto e contadinesco spesso mostrato da altri capomafia".
Ed ecco la chiave di lettura psicologica fornita dal professore Lo Coco. "Messina Denaro ostenta il proprio potere, la propria ricchezza, abiti e orologi costosi, capacità di spesa illimitata. Non è sposato e mostra un modello maschile fatto di virilità e legami temporanei. In questo si discosta da molti boss precedenti che si autorappresentavano come i capofamiglia, mariti e padri ineccepibili. Emerge adesso la moderna complessità delle relazioni familiari, con figlie mai conosciute personalmente.
Oppure nipoti che sentono di dovere rinnegare lo zio e allontanarsi da quel 'mito', osannato dai compagni di scuola". Dunque, "la differenza con la famiglia di mafia tradizionale, incentrata sui modelli di fedeltà assoluta, obbedienza e omertà (ad esempio quella di Salvatore Riina ) sembra abissale".
Eppure, precisa Lo Coco: "Il mondo mafioso non può essere racchiuso in immagini stereotipate di padrini con coppola e lupara, ma si mostra con una svariata eterogeneità di personaggi con caratteristiche psicologiche molto diverse". Osservando le pareti del covo, Messina Denaro "sembra autorappresentarsi - prosegue lo studioso - come il 'il padrino sono io' del magnete nel frigorifero, un uomo con il mito della violenza e dell'imprevedibilità (il Joker nel poster), ancorato alla sua terra natale (la Vucciria di Guttuso). Sembra fare cenno un senso di onnipotenza del sé, celebrata dal proprio ritratto stilizzato appeso alla parete della casa materna, e parimenti attraverso la forma di ostentazione narcisistica contemporanea dei selfie al cellulare". Ma questa "onnipotenza del capo", spiega lo psicologo, il proprio credersi invincibili, "si scontra con l'immagine ben poco mitizzata del paziente oncologico, della persona comune costretta a fare i conti con la fragilità del proprio corpo e la caducità dell'esistenza. Il mafioso che ha costruito il proprio potere onnipotente sulla possibilità di 'decidere della vita e della morte' delle persone - conclude Lo Coco - si trova fragile nel momento in cui è costretto a fare i conti con il rischio e l'angoscia della propria fine".