Si parte da una data, il 27 giugno del 1980, quando alle 20,59 un Dc9 della Itavia scomparve dai radar nei cieli di Ustica. Si arriva al 2 settembre scorso, all'intervista che l'ex premier Giuliano Amato ha rilasciato a Repubblica, riaprendo - per l'ennesima volta - il 'mistero dei misteri' d'Italia. In mezzo ci sono ben 700 mila pagine di documenti, atti giudiziari, perizie, articoli giornalistici, audio (con le voci dei piloti dalla scatola nera del velivolo e le conversazioni di quella notte tra i vari centri radar e le torri di controllo), video e immagini d'epoca.
È un museo virtuale sul caso Ustica il sito Stragi80.it, ma anche una messa a sistema, in rigoroso ordine cronologico, dei mille frammenti di una tragedia costata la vita a 81 persone, una storia collegata a doppio filo con quella del Paese. A firmare il progetto sono due giornalisti, Fabrizio Colarieti e Daniele Biacchessi, che nel 2000, con l'inizio del primo processo penale sui depistaggi, si rendono conto che gran parte dei documenti su Ustica o sono inaccessibili in rete, o sono sparpagliati sul web senza alcun criterio. Per questo si imbarcano nell'avventura di mettere ordine, conservare, organizzare e condividere tutto ciò che riguarda le inchieste, sia giudiziarie che parlamentari che giornalistiche. Un "contenitore unico", spiega Colarieti, a disposizione degli appassionati, ma anche e soprattutto degli addetti ai lavori, compresa la Procura di Roma a cui è stato fornito un database.
Al progetto, finanziato esclusivamente grazie a donazioni, racconta oggi il giornalista, "hanno dato negli anni un contributo anche alcuni esperti come Luigi Di Stefano, all'epoca dell'inchiesta consulente tecnico dell'Itavia, o giornalisti come Sandro Provvisionato del Tg5 e Andrea Purgatori, che è stato vicino al progetto fino agli ultimi mesi della sua vita".
E poi avvocati, magistrati, e l'associazione dei familiari delle vittime con la sua presidente Daria Bonfietti. "Abbiamo fatto quello che lo Stato non è ancora riuscito a fare - conclude Colarieti - cioè rendere accessibile a tutti, digitalizzando i documenti, lo sterminato patrimonio di atti giudiziari di un'inchiesta che si stima sia scritta in oltre un milione e mezzo di pagine conservate in un archivio nel bunker di Rebibbia".
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