Al termine del suo intervento nel processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e della compravendita del Palazzo di Londra, la professoressa Paola Severino, che difende la parte civile Segreteria di Stato, ha chiesto che gli imputati siano condannati al risarcimento dei "gravissimi danni" morali e reputazionali, che ha stabilito in 177 milioni e 818 mila euro, necessari secondo una consulenza tecnica per "una campagna di ristoro dell'immagine danneggiata" a livello mondiale. Ha chiesto anche la condanna a una provvisionale, da versare subito all'atto della condanna di primo grado, pari a 98 milioni 473 mila euro, e anche che la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento del risarcimento. Nel processo, i danni patrimoniali saranno chiesti dall'Apsa.
Intanto L'avvocato di parte civile dello Ior, Roberto Lipari, ha depositato oggi al Tribunale vaticano la determinazione della sua richiesta di restituzione dei fondi che sarebbero stati sottratti dagli imputati nella vicenda oggetto del processo, e che avrebbero intaccato i 700 milioni di euro conferiti in 16 anni dall'Istituto alle necessità della Santa Sede e accantonati dalla Segreteria di Stato. La richiesta di restituzione viene stabilita in 206 milioni 493 mila 665 euro, che si aggiungono ai danni morali, di cui Lipari ha chiesto al Tribunale una "liquidazione equitativa", e a quelli reputazionali, stabiliti da una perizia in 987 mila 494 euro.
Nel suo intervento, la professoressa Severino ha ripercorso i fatti al centro del processo "che hanno provocato un grave pregiudizio all'immagine dell'istituzione", danno che "è fuori discussione". Ha ricordato il progetto di estrazione petrolifera in Angola dell'operazione Falcon Oil, non andato in porto, ma che "ha permesso ad altri di accedere all'incondizionato controllo del patrimonio della Segreteria di Stato". L'acquisto del 45 per cento del palazzo di Londra tramite il fondo Athena di Raffaele Mincione è stato poi "il primo caso di investimento in un fondo chiuso, in cui la Segreteria di Stato era l'unico investitore e sottoscrittore, in cui veniva attribuito all'intermediario ogni potere decisionale". Il tutto era "unicamente funzionale a conferire a Mincione ogni autonomia di azione, fuori da ogni controllo e ingerenza". Quindi "il contrario degli investimenti 'cauti' fatti fino ad allora dalla Santa Sede. Secondo la Severino, "questo è stato il momento di passaggio, in cui c'è stato l'ingresso dei mercanti nel Tempio, consentito dal card. Becciu", allora sostituto della Segreteria di Stato, passaggio che ha consentito appunto "di effettuare investimenti fuori da ogni ingerenza e controllo". Lo stesso fondo di Mincione, da fondo di commodities "diventa un hedge fund puro, ed è allora che si cominciano a distrarre risorse".
Lo stesso immobile di Londra "è stato sovrastimato tra i 101 milioni e i 56 milioni di sterline, con danni per l'istituzione, che aveva il 45 per cento, tra i 45,5 milioni e i 25,5 milioni di sterline". Nel processo, ha specificato la Severino, la Segreteria di Stato chiede solo i danni morali e d'immagine, mentre i danni patrimoniali saranno chiesti dall'Apsa, cui il Papa ha trasferito la proprietà e la gestione dei beni e dei fondi che prima erano della Segreteria di Stato. La Severino ha parlato di "investimenti destinati a soddisfare gli interessi del gestore più che dell'investitore", di continui "conflitti d'interesse", di "una serie di reati che non si interrompono mai e che hanno inizio da quell'operazione petrolifera non compiuta". Lo stesso passaggio della proprietà con l'altro broker Gianluigi Torzi "è stata motivata da un'operazione credito-debito tra Mincione e Torzi", mentre l'aumento del valore dell'immobile da 230 milioni di sterline a 275 milioni "è del tutto ingiustificato".
"Infine, le mille azioni con diritto di voto che si era mantenuto Torzi è il 'clou' degli artifici che sono stati creati nella vicenda", ed è allora che la Segreteria di Stato si rende conto "di aver acquisito una 'scatola vuota'", in quella "che il nuovo sostituto mons. Pena Parra ha definito una via crucis".
Intanto, l'emergere della vicenda ha determinato l'uscita di 50 mila articoli in 130 Paesi del mondo con titoli come "Sacco in Vaticano", "Marcio in Vaticano", "Sperpero di denaro per i poveri", "La prima Sezione trasformata in centrale per investimenti speculativi", con paragoni anche con lo scandalo del Banco Ambrosiano. E con "un'ampiezza nella lesione dell'immagine della Segreteria di Stato che una nostra consulenza tecnica, fatta da una società estera, ha valutato tra i 97 milioni e i 177 milioni di euro, con una media di 138 milioni di euro, tra i valori più alti mai determinati per un danno d'immagine".
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