Giulia Cecchettin era già morta quando è stata nascosta nella scarpata della Val Caltea, a Barcis, dopo essere stata scaricata dall'auto di Filippo Turetta. Ne sono convinti gli investigatori sulla scorta di quanto ha riferito loro il medico legale Antonello Cirnelli che ha svolto l'ispezione esterna della salma per conto della Procura di Pordenone.
Le coltellate alla testa e al collo erano svariate e molto profonde, inferte con grande violenza. Appare, dunque, impossibile che la ragazza fosse ancora viva, molte ore dopo, quando l'ex fidanzato l'ha portata in spalla, dentro un un canalone, a centinaia di chilometri dal luogo dell'aggressione, avvenuta, si stima, attorno alle 23.30. E a conferma della tesi secondo cui il decesso sarebbe stato cagionato a seguito delle coltellate, è il fatto che il corpo di Giulia non presentasse alcuna ferita da caduta dall'alto o da trascinamento, mentre mani e braccia erano segnate da numerosi tagli, conseguenza evidentemente del disperato tentativo di difendersi dai fendenti.
Sarà comunque la procura di Venezia a ricostruire la dinamica e ad effettuare tutti gli accertamenti necessari: la titolarità del fascicolo resta infatti ai magistrati veneti poiché il sequestro di persona - il primo reato contestato, al quale poi si è aggiunto l'omicidio - è avvenuto nel territorio di competenza della procura lagunare.
Ricostruendo quanto avvenuto quella maledetta notte tra sabato e domenica, gli investigatori hanno accertato che il tragitto seguito dalla Punto di Turetta appare da subito poco lineare e alcune tappe sembrano far pensare alla ricerca di un luogo isolato proprio per disfarsi della salma. Soltanto alle 3 di notte l'utilitaria di colore nero transita per la stazione turistica del Piancavallo e imbocca la stradina della Val Caltea che conduce a Barcis: con il telefono spento e dunque senza navigatore (che la sua vecchia auto non aveva), trovare anche solo l'accesso all'arteria, nella periferia meno nota della località turistica, diventa quasi un'impresa. Non solo. Il giovane percorre in discesa circa 4 chilometri, fino a quando individua una piazzola di sosta. Ferma l'automobile e porta Giulia una ventina di metri dentro il bosco: anche in questo caso, è quasi un miracolo che, senza alcuna luce, tranne quella proiettata, in alto, dai fari dell'auto rimasta accesa sulla carreggiata, non abbia finito per schiantarsi alcune decine di metri più in basso, scivolando lungo un pendio ripidissimo e già ghiacciato. Prima di congedarsi per sempre dal corpo della ex fidanzata, la copre con alcuni grandi sacchi neri.
Voleva in qualche modo preservarne i resti o soltanto occultare il cadavere? Il quesito per il momento non ha risposta, ma questo elemento rafforza, negli investigatori, il sospetto della premeditazione: quella sera Filippo era uscito di casa con un coltello - uno spezzato è stato trovato nella zona industriale di Fossò nel corso dei rilievi della scorsa settimana, ma bisognerà verificare se si tratti dell'arma del delitto - una notevole quantità di denaro (che gli ha consentito la fuga per una settimana) e, appunto, i sacchi neri. Si tratta di materiale che non ha alcun legame con una tranquilla serata al centro commerciale per scegliere le scarpe che Giulia avrebbe indossato per la festa di laurea. Un prestigioso traguardo che l'avrebbe portata lontano a realizzare i propri sogni, stroncato dalla mano assassina di chi diceva d'amarla.
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