È scettico Antonio Guerriero, il procuratore della Repubblica di Frosinone è molto prudente di fronte al movente privato per "giustificare" i sei colpi di pistola esplosi sabato sera poco prima delle 19.30 nello Shake Bar della centralissima via Aldo Moro a Frosinone. Sei colpi che hanno ammazzato un uomo di 27 anni e ne hanno mandati in ospedale altri tre di cui uno in condizioni gravi.
Ci sono precedenti a lasciar dubitare il capo degli inquirenti nel capoluogo. Dubbi che hanno anche il questore Domenico Condello ed il capo della Squadra Mobile Flavio Genovesi. Sono loro ad avere portato avanti le indagini concluse alle 3.30 della notte di domenica con l'arresto di Michea Zaka per omicidio e triplice tentato omicidio.
Ventitré anni, nessuna condanna, nell'ultimo anno è stato fermato due volte per un giro di droga al Casermone, in un caso gli investigatori gli hanno trovato 20mila euro in contanti e per questo sospettano sia il cassiere di una banda. Forse qualcosa di più: perché nonostante sia nel mirino della polizia e ne sia consapevole, gira armato. Come sabato sera. Era allo Shake con altri quattro amici, Michea Zaka. C'è il pienone come ogni fine settimana. Non è tranquillo e ha con sé quell'arma nonostante sappia che la polizia potrebbe controllarlo. Forse teme qualcosa o qualcuno. Come i fratelli Kasmi, Kasemi (27 anni) ed Ervin che entrano all'improvviso nel dehor dello Shake Bar insieme ad altri due amici fratelli tra loro. Hanno lasciato l'auto fuori dal locale, una Lancia Ypsilon presa a noleggio: la polizia ora sta verificando con quali documenti e se servisse per non lasciare tracce.
Lo scontro con Michea Zaka è immediato, diretto. E rapido.
Come se lui temesse il loro arrivo: le telecamere del locale 'raccontano' che tutto accade in una manciata di secondi. I Kasmi affrontano Zeka e lui estrae subito l'arma facendo fuoco. Sette colpi: cinque in rapida successione, una breve pausa e poi il sesto, dopo venti secondi esplode il settimo. Se sia il colpo di grazia nessuno ad ora lo sa. Le immagini non lo mostrano.
A rimanere a terra sono Kasemi ed Ervin. La confusione è massima. Arriva la polizia e il 118 che per una ventina di minuti tenterà di rianimare Kasemi ma muore tra le mani dei medici. A Frosinone lo conoscono bene, è soprannominato 'Carletto': la polizia accerta la sua identità dopo ore e poco prima del Comitato per l'Ordine e la Sicurezza, per ore si era pensato che la vittima fosse Ervin. Uno dei feriti finisce all'Umberto I di Roma ed è gravissimo, uno al San Camillo, l'ultimo allo Spaziani di Frosinone dove lo operano ad un femore fratturato da una pallottola.
Zaka si è costituito perché, oramai, si sentiva braccato dalle forze dell'ordine. Si è presentato in Questura accompagnato dal suo difensore, l'avvocato Marco Maietta. Agli inquirenti racconta di essersi difeso e che la pistola non era la sua, che l'ha strappata agli avversari durante una colluttazione. Per lui il sostituto procuratore Samuel Amari dispone il carcere.
Sul movente privato chi indaga raccoglie 'spifferi' tra la comunità albanese di Frosinone. Alcuni parlano di una vicenda sentimentale altri tirano in ballo gli ambienti della prostituzione. Qualcuno fornisce un dettaglio: il calibro della pistola. È lo stesso che ha sparato alcuni mesi fa in mezzo alla folla del centro storico di Frosinone in piena estate da un'auto poi fuggita. I periti balistici vogliono quell'arma per verificare se sia la stessa. Michea Zaka l'ha buttata dal ponte sul fiume Cosa di via Verdi ed è finita in una specie di discarica con lattine di birra e brick di vino. La polizia non l'ha ancora trovata. Domani mattina tornerà lì con i Vigili del Fuoco.
Zaka lunedì mattina comparirà davanti al giudice per l'interrogatorio di garanzia. Al momento non ci sono altri indagati né ricercati. Nemmeno per una ipotetica rissa: non c'è stata. Michea non ne ha dato il tempo.
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