È irragionevole negare l'accesso
all'edilizia residenziale pubblica a chi, italiano o straniero,
al momento della richiesta non sia residente nel territorio
della Regione da almeno cinque anni, pur se calcolati nell'arco
degli ultimi dieci e maturati eventualmente anche in forma non
continuativa. Il requisito della prolungata residenza impedisce
di soddisfare il diritto inviolabile all'abitazione, funzionale
a che "la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni
aspetto l'immagine universale della dignità umana". Lo ha
deciso la Consulta che ha ritenuto incostituzionale una
previsione normativa della Regione Veneto.
In particolare, la Corte costituzionale con la sentenza n. 67
depositata oggi, ha ritenuto contrastante con i principi di
eguaglianza e di ragionevolezza, previsti dall'art. 3 della
Costituzione, l'art. 25, comma 2, lettera a), della legge della
Regione Veneto 3 novembre 2017, n. 39.
La Corte - informa una nota della Consulta - ha precisato
che il requisito della residenza prolungata nella Regione non
presenta alcuna ragionevole correlazione con il soddisfacimento
dell'esigenza abitativa di chi si trova in una situazione di
bisogno. Anzi, tale criterio contrasta con la circostanza per
cui "proprio chi versa in stato di bisogno si vede più di
frequente costretto a trasferirsi da un luogo all'altro spinto
dalla ricerca di opportunità di lavoro".
Del resto, secondo la Corte, la permanenza per almeno cinque
anni nella regione, accertata nell'arco di un decennio, non
induce a ritenere che vi sarà un futuro radicamento nel
territorio, né serve a valorizzare il tempo dell'attesa
nell'accesso al beneficio, esigenza che si può semmai riflettere
nell'anzianità di presenza nella graduatoria di assegnazione. La
Corte, pertanto, ravvisa l'adozione di un criterio irragionevole
che si traduce nella violazione del principio di eguaglianza
formale fra chi può e chi non può vantare una condizione -
quella della prolungata residenza nel territorio regionale - del
tutto dissociata dal suo stato di bisogno.
Secondo i giudici delle leggi, il requisito contrasta anche
con il principio di eguaglianza sostanziale, perché tradisce la
naturale "destinazione sociale al soddisfacimento paritario del
diritto all'abitazione della proprietà pubblica degli immobili"
dell'edilizia residenziale pubblica.
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