Da Zuckerberg a Zuckerman, il passo è breve. Un'assonanza singolare quella tra il creatore di Facebook e lo sviluppatore che potrebbe rivoluzionare il social network più famoso al mondo. Professore associato presso l'Università del Massachusetts-Amherst, Ethan Zuckerman ha fatto causa a Meta, attraverso la Knight First Amendment Institute della Columbia University. La mossa ha lo scopo di impedire a Facebook di bloccare uno strumento che lo stesso ricercatore ha pensato per "azzerare" i dettami dell'algortimo e le connessioni che ogni utente del social network ha instaurato negli anni, compresi i "mi piace" a gruppi e pagine.
Un modo per riportare gli utenti all'anno zero di Facebook, o meglio, per dare a ognuno il pieno controllo non solo sui propri dati ma anche su quello che si vede navigando il flusso di notizie sulla piattaforma. In Europa con l'introduzione del Digital Services Act (Dsa), Bruxelles ha già imposto a Facebook e altre piattaforme digitali di offrire, oltre all'ordine dato dagli algoritmi, anche un ordine cronologico. L'idea di Zuckerman è ancora più estrema ed è volta a restituire un'essenza primordiale dell'esperienza social, facendo vedere agli iscritti quei contenuti che sono davvero popolari e non solo quelli suggeriti dalla personalizzazione e dalle raccomandazioni dell'intelligenza artificiale.
Il progetto del ricercatore Ethan Zuckerman è denominato 'Unfollow Everything 2.0' e si traduce praticamente in una estensione per i browser, i classici programmi di navigazione, con cui basterebbe cliccare un pulsante per avere una visione neutra di Facebook. Il condizionale è d'obbligo perché, per la pubblicazione dello strumento, bisogna attendere il parere della Corte federale di San Francisco, presso cui è stata depositata la causa. Nel 2021, Meta aveva già bannato da Facebook Louis Barclay, lo sviluppatore britannico a cui si doveva la prima versione di Unfollow Everything ("smetti di seguire tutto"), a cui successivamente si è ispirato Zuckerman.
Meta, all'epoca dei fatti, ha sostenuto che consentire componenti aggiuntivi che modificano il modo in cui le persone utilizzano i suoi servizi solleva problemi di sicurezza e privacy. Daphne Keller, direttrice del Programma sulla regolamentazione delle piattaforme presso il Cyber Policy Center di Stanford, ha riferito in una intervista a Wired Usa che lo strumento del ricercatore Zuckerman potrebbe essere in grado di respingere un'accusa del genere. "Il problema principale con queste app - ha spiegato - è che danno agli utenti un maggiore controllo sulla moderazione dei contenuti.
Ma se il tutto si limita a smettere di seguire determinati account, non dovrebbero esservi problemi di sicurezza tali da censurare Unfollow Everything 2.0". "Sembra un caso particolarmente interessante da affrontare in un momento in cui le persone sono davvero preoccupate per il potere degli algoritmi", ha aggiunto, sempre alla stessa testata, Sophia Cope, avvocato presso la Electronic Frontier Foundation, un gruppo americano che si occupa di diritti digitali.
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