"42 anni sono trascorsi dal terribile
attentato al Tempio Maggiore di Roma ad opera di un commando di
5 palestinesi che uccisero il piccolo Stefano Gaj Taché di soli
due anni e ferirono 37 persone, alcune in modo irreversibilmente
grave e a loro e i familiari anzitutto va il nostro pensiero in
questo giorno". Lo ha detto il presidente dell'Unione delle
comunità ebraiche italiane (Ucei) Noemi Di Segni denunciando che
"non è possibile commemorare il più grave attentato antisemita
compiuto in Italia, di esplicito odio ebraico, verso cittadini
italiani dopo la Shoah, senza rendersi conto che gli eventi di
questa portata devastante hanno sempre delle allerte".
"Il clima di profonda tensione, minacce e distorsione mediatica
diffusa c'erano allora", ha notato sottolineando che "ci sono
oggi". "Pensare - ha aggiunto - di poterli tenere a bada e che
siano marginali è solo un'illusione". Secondo Di Segni "quanto
vissuto il 7 ottobre 2023 non avviene nel vuoto e quanto vissuto
durante questo lungo anno è stracolmo di allerte. 101 ostaggi
civili e migliaia di scudi umani in mano ai terroristi sono
molto più di un'allerta. Senza comprendere gli assetti che
celavano il 7 la lettura di ogni riga è superficiale".
"L'appello al silenzio delle armi e alla pace è da sostenere -
ha concluso - quando corrisponde ad un lucido desiderio di
superare schemi di annientamento e capacità di progredire,
distinguendo bene i linguaggi che anelano alla convivenza e la
trasmettono ai loro figli, in Israele e nelle nostre città, da
quelli che celano vittimismo ed estorsione morale, per
raggiungere il cuore della cultura occidentale".
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